Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Prete venetista al prefetto «Si senta pure a disagio»
Don Floriano: «Accolgo la persona, rifiuto la funzione»
«Patti chiari e amicizia lunga, si dice...». Don Floriano riassume così il senso della lettera aperta che, giusto l’altro giorno, ha «spedito» al nuovo prefetto di Belluno. «Eccellenza – il testo del parroco di Coi, alta Val di Zoldo -, anche lei è dunque venuto qua... a tenerci sotto gli ordini, le leggi e, non da ultimo, le forze armate che fanno capo a Roma... Come sacerdote le auguro ogni bene; come prete del popolo veneto, le auguro di sentirsi a disagio tra noi o, almeno, di rendersi conto che noi proviamo disagio per la presenza di persone rivestite del suo ruolo». Il «saluto» alla messinese Adriana Cogode, a pochi giorni dall’insediamento nel Bellunese, compare su Baliato dai Coi,
«blog istituzionale della comunità morale tra i villaggi di Coi e Col», di cui Floriano Pellegrini, 61 anni, è la prima voce. Una sorta di benvenuto? «Non dei più cortesi», ammette il prete venetista. Il prefetto non ha risposto e nulla dice; don Floriano ribadisce: «Se si vuole andare avanti, bisogna anche cominciare a liberarsi di altre cose...».
Il fatto è che per don Pellegrini il potere del prefetto «è legale, ma illegittimo». Lui rincorre un passato in cui la vita del territorio «in Veneto e Friuli, un unicum diviso arbitrariamente, era regolata dalle libere comunità, autonomamente strutturate secondo i propri bisogni». Province, distretti, Comuni, frazioni: realtà con cui si deve far di conto ma che il prete di Coi ritiene imposizioni dall’alto: «Anche Sgorlon (scrittore friulano, scomparso nel 2009, ndr) parlava di comunità. Le comunità ci salveranno, ma non se intese come unità amministrative. Le persone sono fragili, ecco perché si uniscono. Bisogna stare insieme, formare gruppi: per lo sport, per unire una passione, un lavoro...». Un mondo di comunità grandi e piccole: «Una comunità non è mai piccola. È come una persona, giovane o adulta sempre persona è». Floriano Pellegrini è per le Regole dell’area dolomitica, gestione collettiva del territorio che funziona da secoli; non ama, invece, i prefetti. Resta comunque un prete: «La chiesa apre le porte a tutti e sotto il tetto della chiesa tutti sono uguali. La persona (anche di un prefetto, ndr) si accoglie, si aiuta e si rispetta ma la funzione...» è altra cosa. Nessun contrasto tra sacerdote e politico? «No».
Il credo politico di don Floriano è manifesto. Il 19 ottobre, a Padova, c’era anche lui alla fondazione del Partito dei veneti, unione di una dozzina di gruppi di indipendentisti e autonomisti: «Mi hanno invitato degli amici per benedire la nuova formazione, ma poi non erano neanche tutti d’accordo». Resistenze laiche? Eccesso di autonomismi, fa intendere il don. Gli chiediamo, anche alla luce del suo venetismo spinto, cosa pensi del vicentino don Carmelo Prima, che, martedì scorso, a Bruxelles, ha cercato e trovato Matteo Salvini, per regalargli un’immaginetta della Madonna «di conforto e a protezione dai tanti attacchi» che subisce il capo del Carroccio. «A me non piace fare teatro. Non corro dietro a nessuno, né con santini, né con l’acqua santa. Vado incontro, non contro, e la gente viene. Sono come anime che vengono a ricevere un abbraccio e mi chiedono di pregare. Lo faccio ben volentieri; che importa come si chiamino e cosa pensino? Non credo che un padre spirituale domandi ai figli la carta d’identità o il certificato penale, sia pure dell’anima». Salvini, però, ora insegue il sovranismo: «Ce ne fossero di Salvini! Però non lo appoggio più, politicamente, da quando ha trasformato la Lega in partito nazionale anziché valorizzarla come partito territoriale veneto o veneto-lombardo».
Nato a Coi, don Pellegrini deve la fede «alla musica e al canto in chiesa. Vedevo, io piccolino, quegli uomini grandi che appoggiavano il cappello e cantavano. Non capivo ma ero rapito. Poi, alle medie, ho collegato melodia e testo: era il Te Deum. É obbligatorio nelle messe solenni: Natale, Pasqua, 31 dicembre. Tante cose, però, sono cambiate. Adesso in chiesa cantano i gruppi, una volta cantava il popolo». Si è sfaldata la comunità...