Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Profughi, tribunali invasi dai ricorsi E il Csm dice no a una task force
Il carico pendente? «Seimila fascicoli, il 40 per cento del civile»
L’immagine è quella classica della barca con una falla e piena di acqua, svuotata con un secchiello anch’esso bucato. L’ondata di ricorsi sulla protezione internazionale continua a travolgere gli uffici giudiziari di Venezia, senza fermarsi, e in tribunale addirittura a fine novembre era già stata superata la quota dell’intero 2018: 3851 contro 3615. Ma anche la Corte d’appello è in grossa difficoltà, dopo che il Csm ha bocciato il provvedimento con cui la presidente Ines Marini aveva stabilito che circa un’ottantina di magistrati del distretto contribuissero a smaltire il contenzioso di secondo grado, che è stato poi stoppato dalla legge che ha reso impugnabili quelle sentenze solo in Cassazione.
Il problema sta paralizzando la giustizia veneziana da anni. Quando un migrante arriva in Italia può infatti presentare la richiesta di protezione internazionale, che viene valutata dalle commissioni territoriali di Verona e Padova. In caso di rigetto della domanda si può fare appello in tribunale e poi, fino alla legge Minniti del 2017, era possibile anche andare in Corte. Ogni anno in tribunale arrivano oltre 3 mila ricorsi e la cosa preoccupante è il carico pendente accumulato: «Ora siamo a quota 6033, il 40 per cento delle cause civili pendenti osserva sconsolato il presidente del tribunale Salvatore Laganà - La legge dice che dovremmo decidere questi ricorsi entro 4 mesi, ma noi siamo in grado di definirne solo 2 mila all’anno, nonostante i giudici abbiano anche aumentato la produttività». Il problema è che la stessa legge ha imposto che di questo si occupi non più un giudice unico, ma un collegio di tre, tanto da creare una sezione ad hoc con sette magistrati. In questo modo sono stati anche tagliati fuori quei magistrati onorari che prima tenevano le udienze, mentre oggi possono al massimo dare una mano, per esempio nelle audizioni del richiedente. Questo ovviamente comporta che quei giudici si occupano per il 60 per cento di migranti e per il resto di altre materie, con un rallentamento delle udienze ordinarie, visto che la protezione internazionale ha la priorità di cui sopra. «E non è possibile potenziare la sezione perché altrimenti il ruolo
” Laganà Dovremmo decidere i ricorsi entro 4 mesi, ma possiamo definirne duemila l’anno
ordinario ne soffrirebbe ancora di più», continua Laganà. La speranza è quella che la notevole riduzione degli sbarchi avvenuta quando era ministro dell’interno Matteo Salvini porti anche a una contrazione dei ricorsi, ma questo lo si potrà vedere tra qualche mese. Tutto ciò, peraltro, a fronte di una percentuale di accoglimento dei ricorsi bassissima: quest’anno addirittura al 22 per cento.
L’onda è poi proseguita in Corte, dove all’inizio dell’anno si era arrivati a 2250 ricorsi, che rischiavano anch’essi di paralizzare gli uffici di Palazzo Cavalli. La presidente Marini aveva studiato un piano straordinario di applicazioni da
” Marini Devo chiedere uno o due magistrati per 6 mesi, altri uffici andranno in crisi
tutto il distretto, puntando sul principio che fosse meglio dividersi la fatica con la collaborazione di tutti: 25 fascicoli a magistrato, con l’obiettivo di smaltire tutto in un anno invece che nei dieci anni che sarebbero serviti con la gestione ordinaria. E il piano stava funzionando, visto che da aprile a oggi il carico (che non aumenta più, come detto) era calato a quota 800. Ma proprio quando il traguardo era vicino – «avremmo terminato a febbraio», dice Marini – è arrivata la doccia fredda del Csm. La tesi è che servisse una specializzazione nella materia, non garantita dalla presenza nei collegi, per esempio, di pm o giudici penali. Per la presidente era invece sufficiente un magistrato esperto della materia. «Ora dunque mi toccherà chiedere l’applicazione di uno o due magistrati per 6 mesi, ma così facendo quegli uffici andranno in difficoltà», conclude.