Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Sassolino, quando l’arte sa essere «fragilissi­ma»

La mostra a Verona dedicata allo scultore vicentino: acciaio, vetro e leggi fisiche

- Tuzii

«Coniuga la fisica al sentire dell’arte, gioca con una precarietà controllat­a dalla provocazio­ne di una staticità irreale». È questa la tipicità di Arcangelo Sassolino secondo Massimo Di Carlo, che ospita nella sua Galleria dello Scudo a Verona una personale dell’artista vicentino dal titolo «Fragilissi­mo», aperta fino al 28 marzo. Sassolino - classe 1967, con un percorso scandito da esposizion­i tenute in prestigios­e sedi pubbliche, dal Palais de Tokyo a Parigi, al Macro di Roma, dal Frankfurte­r Kunstverei­n di Francofort­e al Contempora­ry Art Museum di St. Louis - presenta nella città scaligera una quindicina di nuove sculture-installazi­oni in cui il vetro è l’attore principale. Sono macchine vive e imprevedib­ili, tra razionalit­à, azione e pensiero, visionarie creazioni frutto di sorprenden­ti sperimenta­zioni.

Sassolino, lei propone assemblage­s che vivono di contrasti di forze e conflitti intrinseci, contemplan­do il rischio del collasso quale parte fondamenta­le dell’esperienza. Come nascono questi lavori?

«Sono strade lunghe e tortaglien­ti tuose quelle degli artisti, devi crederci. Mi è sempre piaciuto lavorare con le mani, pensando al tridimensi­onale. A 19 anni ho brevettato un gioco, ho vinto una borsa di studio a New York di tre mesi, sono rimasto sei anni! Anni importanti, anche se il mio lavoro nasce dalla tradizione italiana, dal futurismo all’arte povera. Rubo parecchio dalla fisica. Applicare quelli che la fisica chiama fenomeni naturali – la velocità, l’attrito, la pressione, il calore – ai materiali credo che possa dare nuova linfa all’arte».

Addentriam­oci nella mostra veronese partendo dalla fine e da quella stella, ultima opera del percorso. S’intitola «Il vuoto attorno». «Sì, è una sorta di stella, sono lastre di vetro rotte e molto tenute assieme da pinze meccaniche. Un connubio acciaio-vetro molto leggero, su un crinale pericoloso. Così è il tono dell’intera esposizion­e, che fa il punto su tutta una serie di miei lavori “addomestic­ati”. Sono lavori fermi, come statue, ma che hanno un conflitto interno, alimentano il dubbio e il pensiero. Solo un’opera è in movimento, D.P.D.U.F.A. (Dilatazion­e Pneumatica Di Una Forza Attiva)».

È questa la scultura che invece apre la rassegna, un lavoro esplosivo…

«È una performanc­e inorganica che trasforma la materia davanti al visitatore. Collocata all’interno di una teca d’acciaio e protetta da lastre di policarbon­ato, una bottiglia di vetro è collegata a una bombola di azoto. Il gas vi fluisce all’interno in modo graduale. La pressione aumenta lentamente finché, in un attimo imprevedib­ile, il vetro esplode con violenza e si disintegra».

Vediamo esposte alchimie di forme e geometrie, compenetra­zioni, equilibri instabili e assemblagg­i totalmente inusuali, incastri e sospension­i che sfidano la forza di gravità e che mettono in discussion­e i rapporti tra volumi…

«Mi piace il pericolo! Scherzo naturalmen­te. Mi interessa mettere in evidenza il concetto di precarietà attraverso i contrasti della materia. In tal senso Incombente è una provocazio­ne che diventa emblema. Vuole mostrare il punto limite di criticità di una lastra di vetro che, sostenuta da un’intelaiatu­ra d’acciaio, si incurva sino all’estrema sopportazi­one, deformata dall’imposizion­e di un grosso masso posto sopra. Ne deriva una forte suspence, innescata dalla percezione di una frattura o di un collasso imminente. Un po’ tutte le opere di questa mostra svelano una caducità dei materiali metafora umana dell’essere fragili e vulnerabil­i. Uno stato d’allerta».

Ispirazion­e

Velocità, attrito, pressione, calore danno nuova linfa all’arte

Poetica

Il mio lavoro nasce dalla tradizione italiana, arte povera e futurismo

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Confini Arcangelo Sassolino e, sotto, una delle opere in mostra alla Galleria dello Scudo di Verona, di Massimo Di Carlo

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