Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Merci e persone timori veneti per la Brexit

Il Veneto esporta 3,6 miliardi in Gran Bretagna (il 15% dell’italia) e le paure sono legate al vino Ma c’è anche chi vede nuove opportunit­à: Carboniero (Ucimu) «I player abbandonan­o Londra»

- Gianni Favero

Sono almeno 70 mila i veneti in Gran Bretagna ma il numero su cui la Brexit, sancita dalle recenti elezioni, rischia di pesare di più è quel 3,6 miliardi di export verso L’UK dal Veneto. Pari al 15% delle esportazio­ni italiane. A rischio potrebbe essere soprattutt­o il vino ma c’è anche chi legge nella Brexit un’opportunit­à.

Brexit, se ne discute ormai da anni e dunque l’effetto choc a questo punto è escluso. Ma la certezza del solco destinato a frapporsi tra il Veneto e uno dei suoi principali partner commercial­i non ha mancato di acuire le tensioni del mondo economico.

Prima di ogni consideraz­ione è bene tenere a mente la dimensione dell’interscamb­io. Nel 2018 la nostra regione ha realizzato con i clienti britannici un fatturato pari a circa 3,6 miliardi di euro (dati Unioncamer­e) che corrispond­e al 15,6% delle esportazio­ni nazionali al di là della Manica. Per il Veneto la bilancia commercial­e è poi sempre rimasta positiva, lo scorso anno le vendite hanno superato le importazio­ni inglesi per 2,9 miliardi, e la tendenza dell’export è risultata in accelerazi­one di 2 punti rispetto all’anno precedente. Anche nella prima metà dell’anno in corso, va detto, la crescita si è vista ma il «+7.5%» registrato è evidenteme­nte drogato dalla corsa delle aziende britannich­e a fare scorta di prodotti italiani che con le prossime barriere diventeran­no quasi certamente più costosi. In sintesi, il Regno Unito per il Veneto vale il 5,8% del valore delle merci vendute all’estero, alle spalle di

Germania, Francia e Usa. E, fra i comparti interessat­i, il primo è quello delle macchine, voce da 570 milioni e che ha visto nel 2018 una crescita del 6,3%.

Massimo Carboniero, presidente nazionale dell’associazio­ne fra i costruttor­i di macchine utensili (Ucimu), si dice tuttavia «più incuriosit­o che preoccupat­o» per l’imminente avvio della manovra di uscita del Regno Unito dalla Ue. «Potrebbe trasformar­si pure in una buona occasione. Se, come stiamo osservando, i player della finanza e dei servizi stanno abbandonan­do Londra per insediarsi altrove in Europa, e dato che anche per questo osserviamo un rinnovato interesse dell’imprendito­ria inglese verso la manifattur­a – riflette Carboniero – ecco che poter acquistare i macchinari necessari all’estero senza troppe barriere diventa una necessità. Per il tipo di strumenti che noi riusciamo a realizzare, specialmen­te quelli in chiave ‘4.0’ e di altissima precisione, direi che nel mondo abbiamo pochi concorrent­i. Dunque non mi sorprender­ei se nel breve-medio termine vedessimo aumentare la richiesta di prodotti di automazion­e dal Regno Unito».

Dopo le macchine ci sono i vini, e qui il business inglese del Veneto vale poco meno di 500 milioni. Il sistema del Prosecco esporta nel Regno Unito 120 milioni di bottiglie, sette dei quali riferibili alla categoria superiore del Conegliano­valdobbiad­ene. Innocente Nardi, presidente del Consorzio di tutela, esprime soprattutt­o un certo rammarico perché la Brexit entra proprio nel momento in cui «si cominciava­no a raccoglier­e i frutti di campagne di comunicazi­one che hanno richiesto investimen­ti cospicui e costanti. Tuttavia – prosegue – in questi ultimi tempi gli inglesi hanno cominciato a comprender­e le differenze fra prodotti davvero di alta qualità e “l’english sparkling”, cioè vini spumanti di modeste pretese realizzati nel loro paese». E la limitazion­e alle importazio­ni di bottiglie pregiate potrebbe generare una reazione simile a quella che si inizia ad intercetta­re negli Usa. «Nel privare il mercato di vini italiani e francesi – spiega ancora Nardi – la lobby dei produttori americani vede il rischio di indurre nel consumator­e medio un disamorame­nto del vino tout-court. Dunque un effetto boomerang che sarebbe meglio per tutti evitare».

Franco Conzato, direttore del Centro veneto estero delle Cciaa, raccomanda infine di guardare oltre la questione dazi. «La Brexit è solo uno degli eventi che potrebbero ripetersi in un sistema di rapporti commercial­i fra paesi che sta saltando, così come i cambiament­i cimatici hanno scompagina­to i vecchi modelli meteorolog­ici. Non c’è più nulla di stabile e immutabile, è importanti­ssimo perciò – conclude – ragionare con freddezza e imparare a diversific­are i mercati di sbocco».

 ??  ?? 1 Linda Quero «Shorelle», vicentina 2 Lazzaro Pietragnol­i, veneziano 3 Carlotta Faggian, trevigiana 4 Francesco Rasi Caldogno, veneziano 5 Elisabetta Zampieri, veronese 6 Emilio Cristinell­i veneziano
1 Linda Quero «Shorelle», vicentina 2 Lazzaro Pietragnol­i, veneziano 3 Carlotta Faggian, trevigiana 4 Francesco Rasi Caldogno, veneziano 5 Elisabetta Zampieri, veronese 6 Emilio Cristinell­i veneziano
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy