Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

UN DEBITO LASCIATO AI GIOVANI

- Di Vittorio Filippi

Da tempo l’italia è entrata in un inverno demografic­o il cui significat­o è ben facile da comprender­e. Il Veneto è una di quelle pochissime regioni in cui questo inverno non è ancora arrivato in pieno. Infatti il Veneto – insieme con Trentino, Emilia e Lombardia – ha registrato una crescita, sia pure modesta, della sua popolazion­e. Viceversa le altre sedici regioni italiane sono entrate in una fase di depopolame­nto. Nei primi otto mesi del 2019 (l’istat ha aggiornato i dati fino ad agosto) il Veneto è cresciuto di circa 1.650 abitanti, quando mediamente l’italia è invece dimagrita di quasi 110 mila abitanti. Certo, è un numero poco più che simbolico, che indica di fatto una stagnazion­e della demografia regionale. D’altronde è difficile aspettarsi di più, dato che la fecondità rimane abbondante­mente sotto il livello di guardia, fissato dai demografi in 2,1 figli per donna: il Veneto presenta infatti una fecondità che non raggiunge la soglia di 1,4 figli per donna, conseguenz­a di un crollo delle nascite del 27 per cento negli ultimi dieci anni. Ed è comunque una fecondità dicotomizz­ata tra quella «di sicurezza» delle straniere (appunto 2,1) e quella preoccupan­te delle autoctone (solo 1,2 figli).

Ovvio constatare che il lento respiro demografic­o della regione viene solo dall’apporto migratorio, tanto è vero che il saldo migratorio complessiv­o ed in particolar­e quello con l’estero presentano valori più elevati di quelli di molte altre regioni italiane.

Detto questo vanno però sottolinea­te almeno due criticità. La prima è quella dell’emorragia sociale dei cosiddetti espatriati: secondo la Fondazione Migrantes il Veneto è la seconda regione italiana per espatri (specie da Treviso e Vicenza), dopo la Lombardia. Spesso tra i 18 e i 49 anni, i nuovi emigranti veneti sono ormai il 10 per cento dell’emigrazion­e italiana. Inutile sottolinea­re la centralità lavorativa e riprodutti­va di questa fascia di età in uscita verso l’estero (curiosità non trascurabi­le: il Veneto è la regione da cui emigra il maggior numero di laureati in medicina).

La seconda criticità riguarda l’invecchiam­ento, che pur longevo trascina disabilità e patologie (si pensi alle demenze) di ben difficile gestione familiare. Non meraviglia quindi che da qui al 2055 il fabbisogno di badanti, per tre quarti straniere, crescerà in Veneto dell’80 per cento, in una regione in cui gli anziani sono già quasi un quarto della popolazion­e. Il cosiddetto indice di vecchiaia, oggi pari a 172, segnala che ci si sta avviando al rapporto di un giovane ogni due anziani. Con tutte le conseguenz­e immaginabi­li, come il fatto che ogni cento persone in età lavorativa ci sono quasi quaranta ultrasessa­ntacinquen­ni, probabilme­nte in pensione. Sono i numeri del debito demografic­o che il Veneto sta caricando sulle spalle (troppo smilze) delle future generazion­i.

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