Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
La presidente Marini «Sono ancora pochi, qui la Giustizia è un paziente grave»
«La decisione del ministero rappresenta una grande occasione persa. L’ennesima, purtroppo». La presidente della Corte d’appello di Venezia, Ines Marini, allarga le braccia. Un incarico scomodo, quello assunto due anni fa da questa milanese che da quando è entrata in magistratura, nel 1979 ha lavorato sodo fino a raggiungere il vertice della Giustizia veneta. Una carriera affrontata mantenendo fede al suo carattere: «Dico quello che penso, sono molto diretta…».
S’immagini quando al ministero leggeranno che ha definito una «occasione persa» la loro relazione…
«Ma io nutro ancora la speranza che il ministro possa cambiare idea. Sto preparando una nota per spiegare agli organi istituzionali competenti i motivi per i quali questa pianta organica è insufficiente”.
Ventitré nuovi magistrati in Veneto. E di questi, quasi la metà (dieci) è destinata a incrementare proprio l’organico della Corte d’appello. Perché non è soddisfatta? «I numeri non devono trarre in inganno. Possono sembrare tutto sommato elevati, ma la verità è che solo qui sarebbero necessari almeno altri trenta consiglieri (giudici,
ndr) per portarci agli stessi livelli delle altre regioni del nord, che si trovano tutte in una situazione più vantaggiosa della nostra. Riorganizzando il lavoro abbiamo ottenuto miglioramenti importanti, ma più di così non si può fare. E senza soldati, la guerra non si vince».
Cosa intende dire?
«Nel corso degli anni si è creata una forte disparità: ci sono realtà che hanno un rapporto tra magistrati e nuove cause molto più basso del nostro. E lo stesso vale per il rapporto tra giudici e vecchi procedimenti pendenti. Questo, nonostante i miei consiglieri abbiano una produttività elevata e arrivino a far fronte, contemporaneamente, a più incarichi. Diciamo che se la Giustizia fosse il paziente di un ospedale, quella veneta sarebbe da codice rosso».
La Giustizia delle altre regioni è più «sana»?
«Per fare dei paragoni, occorre partire da alcuni dati socio-economici. La Corte d’appello di Venezia si rivolge a una regione che è terza, a livello nazionale, per popolazione residente. Inoltre, ogni anno circa 70 milioni di persone arrivano qui per motivi diversi: turismo, studio, lavoro… È un bacino enorme. Il prodotto interno lordo? Meglio del Veneto fanno solo Lombardia e Lazio, mentre è la quarta regione per numero di imprese. Con una simile realtà, e con i contenziosi che comporta, non si capisce perché Venezia attualmente debba avere 51 magistrati in organico mentre Milano ne ha 126, Torino 74, Roma 168…”.
Pochi magistrati significa poche sentenze…
«A Milano il rapporto è di 151 cause pendenti per ogni giudice. A Torino è di 288. A Trento, appena 73. Lo sa quanti fascicoli ci sono, mediamente, per ogni consigliere di Venezia? 561! E questo ha due conseguenze: cause lunghissime in sede civile, mentre nel penale il 37 per cento delle decisioni di questa Corte si conclude con la dichiarazione di prescrizione. Peggio di noi fa solo Roma, col 44 per cento, mentre la media nel resto d’italia è appena del 19 per cento di cause finite nel nulla per decorrenza dei termini. E con la riforma, la situazione sarà destinata ad aggravarsi ulteriormente».
Quali sono i rischi?
«Più passa il tempo, più sarà difficile recuperare il gap con le altre regioni. Il risultato sarà un diffuso senso di impunità per chi delinque in Veneto, ma anche il pericolo che gli imprenditori decidano di investire in altre parti d’italia nel timore che qui non si possa essere adeguatamente tutelati».
La soluzione sta nei numeri?
«Il ministero ha scelto di dare a tutti gli uffici qualche magistrato in più, invece di riversare le risorse sulle realtà in affanno. C’è ancora tempo per cambiare: al Veneto servono molti più magistrati e un incremento proporzionale del personale amministrativo. Non chiediamo favoritismi ma solo di essere allineati alle altre Corti del nord».
Anche se la pianta organica venisse ampliata, l’esperienza dimostra che pochi magistrati vogliono venire a lavorare a Venezia…
«E’ una città bellissima ma anche delicata e complessa, è costoso viverci e scomoda da attraversare. Per questo mi permetto di rivolgere un suggerimento alla politica: occorre creare un sistema di incentivi che valga per chiunque, che sia un magistrato o un infermiere, accetti di lavorare a Venezia»
Ines Marini
Riorganizzando il lavoro abbiamo ottenuto miglioramenti importanti ma più di così non si può fare
E senza soldati, la guerra non si vince