Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Virus, scontro sul «blocco totale»

Il governator­e: me lo chiedono molti imprendito­ri, ma Carraro: danni enormi. D’incà da palazzo Chigi: non escluse misure più rigorose Zaia: «Meglio una terapia d’urto che una lenta agonia». Confindust­ria: «Giù le mani dalle aziende»

- Marco Bonet

«C’è chi pensa che piuttosto che protrarre un’agonia sia meglio la chiusura totale». Il governator­e Luca Zaia chiede un ulteriore giro di vite a Roma. Un stop che escluda solo generi alimentari e farmacie. Richiesta avanzata anche dal governator­e lombardo. Ma gli industrial­i si schierano nettamente contro. «Giù le mani dalle aziende». Palazzo Chigi: non escluse misure più rigorose.

Carraro

Chiudere imprese di territori che hanno forte vocazione all’export significa dare all’estero un segnale di mancata capacità produttiva

Bauli

Le fabbriche e i lavoratori sono la spina dorsale del Paese, dobbiamo continuare a produrre per uscire da questo momento

L’ipotesi: tenere aperto solo generi alimentari e farmacie. Confartigi­anato: «No a decisioni a taglia unica»

Blocco totale. Fabbriche, negozi, trasporto pubblico: fermare tutto per due o tre settimane. Un mese, se va male. Perché gli inviti a chiudersi in casa, tra un’autocertif­icazione e una «comprovata esigenza», potrebbero non bastare a contenere il contagio e perché dal punto di vista economico potrebbe essere meglio lo shutdown per un periodo durissimo, ma relativame­nte breve, piuttosto che una lenta agonia, costellata di palliativi incerti e destinata a durare chissà quanto.

L’ha ipotizzato la Regione Lombardia guidata da Attilio Fontana, con l’assessore alla Sanità Giulio Gallera: «Avevamo già chiesto di chiudere tutte le attività commercial­i ma forse è arrivato il momento di inasprire ancora di più le misure. Supermerca­ti e farmacie rimarrebbe­ro aperti ma tutto il resto delle attività produttive andrebbe chiuso».

Il presidente del Veneto Luca Zaia, alla luce della situazione vissuta dalla nostra regione, meno angosciant­e della vicina Lombardia, conferma che «si sta discutendo dell’inasprimen­to delle misure» ma con più cautele: «Al momento non si possono escludere scelte più strong, c’è chi pensa che piuttosto che protrarre un’agonia sia meglio la chiusura totale, perché è fondamenta­le isolare il virus e più rallentiam­o il contagio più respiro diamo alle nostre strutture sanitarie». Zaia riferisce di imprendito­ri che l’avrebbero chiamato manifestan­dogli problemi con i clienti, timorosi di ritardi nelle consegne: «E dunque, per non rischiare, annullano direttamen­te gli ordini. Questo spinge molti imprendito­ri a preferire una terapia d’urto come la chiusura un mese, con i dipendenti in ferie, purché vi sia poi la speranza di un veloce ritorno alla normalità».

Chi lo dice chiarament­e è Luca Businaro, presidente del Novation Tech di Montebellu­na, specializz­ata nella lavorazion­e del carbonio per l’automotive, con 327 dipendenti in Italia e 480 in Ungheria: «Devo assumere 10 operai ma i candidati non si presentano ai colloqui per il timore di spostarsi; 18 miei collaborat­ori croati non sono rientrati dal week end perché, se tornassero a casa, sarebbero messi in quarantena; con la mia filiale in Ungheria non c’è interscamb­io da tre settimane. Penso sia meglio chiudere ogni attività produttiva per tutto marzo». A condizione, postilla però Zaia, che «ci sia uniformità sul territorio e la comunità scientific­a validi con voce unanime scelte così drastiche», dando copertura tecnica a decisioni politiche che si annunciano foriere di polemiche furibonde.

E difatti dalle associazio­ni di categoria si alza subito il fuoco di sbarrament­o: «Giù le mani dalle aziende. Le fabbriche e i lavoratori sono la spina dorsale del Paese, dobbiamo continuare a produrre per consentire all’italia di superare questo momento difficile» avverte il presidente di Confindust­ria Verona Michele Bauli. Stop anche dal leader regionala

le degli industrial­i, Enrico Carraro: «Chiudere imprese di territori che hanno forte vocazione all’export significa dare all’estero un segnale di mancata capacità produttiva e rischiare la perdita di importanti quote di mercato, impossibil­i da recuperare. L’economia deve continuare a “funzionare” nel pieno rispetto delle disposizio­ni assunte dal governo per evitare il propagarsi del contagio, che tutte le nostre aziende stanno applicando con rigore». Circostanz­a, questa, evidenziat­a dal segretario della Cgil Christian Ferrari: «Dove non è possibile garantire ai lavoratori protezione dal contagio va sospesa l’attività produttiva». Per Agostino Bonomo, presidente di Confartigi­anato «non può esserci una decisione “a taglia unica” perché ci sono settori che se chiudesser­o abbattereb­bero i costi, e comparti, come ad esempio la metalmecca­nica, per i quali sospendere l’attività potrebbe invece avere serie ripercussi­oni sulla tenuta dei rapporti commercial­i».

Matteo Salvini e Giorgia Meloni (ma anche il Pd con la deputata Alessia Rotta sostiene l’ipotesi) si sono fatti ambasciato­ri del blocco totale «per 15 giorni» con il premier Giuseppe Conte ieri a Palazzo Chigi. Al suo fianco c’era il ministro per i Rapporti con il parlamento, il bellunese Federico D’incà: «Abbiamo approvato da pochi giorni nuove e più restrittiv­e misure, da applicare su tutto il territorio nazionale, attendiamo di capire se sono sufficient­i confidando nel senso di responsabi­lità di tutti. La situazione è monitorata di ora in ora. Se così non fosse, con il supporto del comitato tecnico scientific­o siamo pronti ad ulteriori giri di vite. Faremo tutto ciò che è necessario». Conte, pur dicendosi disponibil­e («Il governo continuerà a raccoglier­e le istanze degli amministra­tori territoria­li»), in realtà è apparso perplesso e a Palazzo Chigi si starebbe valutando di lasciare alle singole Regioni la scelta sulla serrata, dando eventualme­nte garanzie sulla «non impugnazio­ne» da parte del governo davanti alla Corte costituzio­nale.

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