Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Telelavoro, rivoluzione per migliaia «Ma questo non è smart working» Dipendenti a casa per l’emergenza virus: dal privato al pubblico, cosa sta succedendo
Come cambia il lavoro al tempo del coronavirus. L’emergenza sanitaria ha comportato una rivoluzione anche per migliaia e migliaia di lavoratori padovani: aziende ed enti pubblici hanno cambiato pelle in poco tempo, attivando sistemi che consentono di svolgere da casa (in tutto o in parte) gli stessi compiti normalmente eseguiti in fabbrica o in ufficio. Il concetto viene spesso riassunto con «smart working» o «lavoro agile», ma l’espressione è una forzatura: «In questi giorni si sta facendo un po’ di confusione - commenta Gianfranco Refosco, segretario della Cisl del Veneto -. Per smart working si intende la possibilità di lavorare con più dispositivi e in più luoghi, cioè anche al bar, al parco o in uno spazio di co-working; l’emergenza ha spinto molti ad adottare il telelavoro, che non è la stessa cosa ma solo una delle forme previste dallo smart working».
Fatta questa precisazione, Refosco entra nel dettaglio: «Il presupposto è la fiducia, nel senso che il datore di lavoro deve fidarsi del dipendente anche quando non è sotto il suo controllo fisico; le persone devono avere obiettivi chiari, ricevere input e output definiti e sapere come connettersi. Il fenomeno era già in crescita tra le grandi aziende, ora sta diventando un obbligo anche per le Pmi; a fine 2019 abbiamo firmato un accordo regionale per la promozione del lavoro agile nel mondo dell’artigianato per un totale di 50 mila aziende e 135 mila dipendenti, anche se non tutti possono aderire. Introdurre lo smart working nel settore pubblico sembrava impossibile, invece sta diventando realtà».
Tutto vero: in questi giorni i dipendenti che sono passati al telelavoro sono 120 a Palazzo Moroni, il 95% del totale alla Camera di Commercio, 102 all’usl 6 Euganea (che a settembre aveva iniziato la sperimentazione con 12 dipendenti) e l’80% del personale
Gli enti Lavoro agile per il 95% della Camera di commercio, oltre 100 addetti dell’usl e 120 di Palazzo Moroni
Futuro Refosco (Cisl): questa fase darà il via a nuovi modelli Il legale Spolverato: ma resterà una forma residuale
tecnico-amministrativo all’università, che conta in tutto 2.300 dipendenti di questo tipo. «La grande maggioranza di loro svolge il lavoro agile, con obiettivi di risultato e senza vincoli precisi di orario», ha detto Alberto Scuttari, dg del Bo, durante l’inaugurazione dell’anno accademico, spiegando che questo contributo «rende possibile assicurare, pur con alcune limitazioni, i servizi interni e il tempestivo pagamento dei fornitori»; la presenza fisica resta obbligatoria solo per i servizi «indispensabili e indifferibili quali la didattica on line, la funzionalità di base degli edifici, gli esperimenti non interrompibili, l’accudimento di animali, piante e colture biologiche, lo smaltimento dei rifiuti speciali, la salvaguardia degli impianti e delle apparecchiature, l’infrastruttura informatica e il sito web, le attività di sicurezza e manutenzione, l’acquisto di beni e servizi, la logistica, la gestione del personale e le segreterie».
In ambito privato c’è l’esempio della Sit, azienda specializzata in contatori del gas, che tra settembre e gennaio aveva già lanciato un progetto pilota di smart working per 90 dipendenti della sede padovana, saliti a 190 in seguito al coronavirus. E dopo l’emergenza? Refosco prevede «una fase di assestamento che favorirà l’innovazione dei modelli organizzativi». Gianluca Spolverato, fondatore dello studio legale Spolverato & soci, uno dei più importanti nel Veneto tra gli specializzati in consulenza e diritto del lavoro, la pensa diversamente: «Finora lo smart working era gestito come una forma di remunerazione, che consentiva di lavorare da casa per un giorno o poche ore, mentre in questa fase è diventato la forma di lavoro prevalente o esclusiva. Il sistema però non è ancora pronto, perché l’uso massivo delle reti sta rendendo la connessione più lenta e più pesante. E poi il lavoro presuppone l’incontro tra le persone, non si può fare tutto a distanza: lavorare da casa è diverso che vivere in azienda, può funzionare solo in forma residuale e con la strumentazione tecnica adeguata».