Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Roger Waters quando il mito suonò all’euganeo

26 luglio 2013 Il concerto dell’ex Pink Floyd all’euganeo di Padova 50mila persone omaggiano Pink e le sue ossessioni

- Verni

Padova, Stadio Euganeo, 26 luglio 2013. Un muro lungo 150 metri davanti a 50mila persone fa già impression­e. Ma è solo l’inizio. E quando alle 21.30 si spengono le luci si ha come l’impression­e che un mito stia per diventare tangibile. A Padova arriva la sesta versione di The Wall, concept album omonimo dei Pink Floyd uscito a fine 1979 e firmato (quasi) integralme­nte dal bassista Roger Waters. La nuova versione per gli stadi può essere considerat­a la messa in scena definitiva: dimensioni adatte e mezzi tecnici all’avanguardi­a. Sono le 21.30. Si fa buio. Di colpo la batteria di In the flesh? scandisce l’esplosione di decine di razzi e fuochi d’artificio dal palco. Il pupazzo Pink è a terra. Sullo schermo circolare compare il simbolo del doppio martello e una fila di guardie sventola le bandiere. La band suona, Roger Waters corre e saluta il pubblico a braccia alzate prima di trasformar­si in Pink; indossa l’impermeabi­le lungo in pelle e occhiali scuri per In the flesh? finché un aereo (vero) si schianta sull’apice del muro. L’opera rock The Wall è iniziata, togliendo le parole al pubblico, come ghiaccio che sublima. The thin Ice racconta i primi anni di vita di Pinkwaters. Another brick in the wall part 1 scatena ogni cellula dei fan, un elicottero sembra vigilare sul pubblico. All’improvviso si materializ­za il mega pupazzo-professore alto come una casa a due piani, passa The happiest days of our lives e arriva l’icona rock di Another brick in the wall part 2 con Waters armato di basso che sfida The Teacher aiutato dai 15 bambini del coro che cantano e ballano indossando la maglietta con scritto Fear builts walls. La ripresa della canzone, amara e malinconic­a, si trasforma nell’inedito The ballad of Jean Charles de Menezes, dedicata all’innocente ucciso a Londra nel 2005 perché scambiato come terrorista. «Ciao Padova, benvenuti – dice Waters voglio ringraziar­e i bambini del coro e voglio dedicare il li

ve a de Menezes e a tutte le vittime del terrorismo di Stato». Roger Waters afferra la chitarra acustica per Mother, struggente grido di dolore: la paranoia sta vincendo. Il muro avanza di canzone in canzone e la band sembra scomparire alle sue spalle.ormai Waters-pink è quasi nascosto, manca solo un mattone per chiuderlo fuori: quel buco diventa l’ultima finestra della realtà, prima di Goodbye cruel world. La pausa a luci accese dà il tempo perché ogni singolo mattone si trasformi in una foto di chi è morto in guerra, in ogni guerra, un muro dei ricordi. Si ricomincia. Da dietro ad un muro che sembra infinito, Waters canta Hey you; solo per un attimo, un portentoso effetto visivo sembra squarciare il muro su cui piombano due occhi spaventati e la domanda Is there anybody out there?. Passano Nobody home, Vera, Bring the boys back home. Un telefono che squilla, segna la svolta di Comfortabl­y numb, un dialogo tra Pink e il dottore che si conclude con l’iniezione che serve al protagonis­ta per rimanere «comodament­e intorpidit­o». L’escalation della follia continua fino a Run like hell. Le ossessioni di Pink si interrompo­no al grido Stop e arriva il tempo per il processo, The Trial, in cui la rock star invita con forza ad abbattere il muro. Tear down the wall, si urla, finché il muro, finalmente, crolla: la catarsi è completa. Ora la band è davanti, per cantare in coro Outside the Wall. «Grazie Padova», dice Waters. Il muro ora non c’è più. Lunga vita al Muro.

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Impegno Roger Waters durante il concerto di Padova nel 2013

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