Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Virus, caos al primo giorno della serrata
Aziende come Agritalia, Rpm e Sit hanno chiuso. Molte altre indecise attendono l’ok della Prefettura Giovedì il giorno della verità quando termineranno i tre giorni «cuscinetto» concessi dal governo
Nella prima giornata di applicazione del nuovo decreto del governo che obbliga allo stop le aziende in settori non essenziali, l’economia polesana si trova stretta nell’incertezza. Alcune imprese hanno già disposto la chiusura, altre stanno valutando con la Prefettura il possesso dei requisiti per rimanere ancora in attività. Nel capoluogo «Agritalia», specializzata nella costruzione di trattori e altri mezzi agricoli, ha già annunciato che chiuderà i cancelli, così come il gruppo «Sit», che produce contatori ed altri sistemi di controllo domestici per il gas. Bloccata da ieri la «Rpm» di Badia Polesine (motori elettrici).
Il bilancio resta comunque ancora parziale e un quadro più dettagliato lo si avrà solo giovedì, quando scadranno i tre giorni «cuscinetto» concessi alle aziende per organizzarsi prima della serrata definitiva fino ad aprile.
Al di là degli obblighi di legge, a chiudere potrebbero però essere anche attività inserite in filiere essenziali come quella medica o quella alimentare. A pesare la difficile sostenibilità economica di una produzione limitata a determinate categorie di merci che renderebbe i costi di gestione degli impianti troppo alti.
Un puzzle complicato, che fa rivedere al rialzo il numero di lavoratori e piccoli artigiani che ricorreranno agli ammortizzatori sociali. Solo nella giornata di ieri decine di piccole, medie e grandi aziende hanno presentato centinaia di nuove richieste di cassintegrazione, ma nelle prossime ore la crescita è prevista essere ancora più importante, sforando la quota mille dipendenti stimata la scorsa settimana.
Alta tensione sul fronte sindacale, dove la decisione di diverse aziende di tenere i cancelli aperti sta portando verso un duro scontro tra gli imprenditori e i rappresentanti dei lavoratori.
«Dopo una prima bozza più restrittiva, ora possono restare aperte anche fabbriche non essenziali come quelle della plastica o alcuni comparti del metalmeccanico — spiega Pieralberto Colombo, segretario provinciale Cgil — È essenziale garantire prima di tutto la salute ed è incomprensibile la scelta di allargare le maglie per farci rientrare imprese che potrebbero restare chiuse».
Una necessità, quella di garantire sicurezza, confermata anche Samuel Scavazzin (Cisl di Padova e Rovigo). «È paradossale che noi sindacati chiediamo la chiusura delle aziende, ma è tutela della salute — chiarisce Scavazzin — Siamo davanti ad un disastro. Prima il settore artigianale, ora quello industriale. L’edilizia, il commercio, il tessile, la trasformazione dei prodotti alimentari stanno subendo un duro colpo, compresi gli indotti».
Ma a preoccupare è anche quello che accadrà dopo l’emergenza. «Si sta definendo uno scenario peggiore della crisi del 2008 — ragiona Colombo — Ci vorrà uno sforzo straordinario per recuperare il terreno perso». Col rischio che anche il riconoscimento della Zls, la «Zona logistica» chiesta per portare investimenti sul territorio, sia insufficiente.
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