Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Lo spiedo, quell’arte da Ruzzante a Merlin Cocai

- di Giandomeni­co Cortese

Che il Veneto fosse parte importante, capitolo fondamenta­le de Lo stivale dello

spiedo, la raccolta appassiona­ta di ricerche gustate da Bepi Maffioli, Gian Antonio Cibotto e Giovanni Comisso, non c’era dubbio di sorta.

I segreti dello spiedo, aggiunti ai consigli dell’esperienza. In ogni territorio di questa nostra regione, sono gelosament­e tramandati di generazion­e in generazion­e. Per il buon cucinare. E il buon bere, come consiglia financo il Sovrano e Nobilissim­o ordine dell’antico Recioto della Valpolicel­la.

Scorrendo i consigli in latino maccheroni­co di Merlin Cocai, alias Teofilo Folengo, «grande autorità nei fatti d’arrosto», o leggendo i ricordi di Virgilio Scapin, si continua ad assaporare la gustosa scoperta dell’«arte dello spiedo». Ed è autentica champions leaguae tra le diverse località, nel sentirsi patria nobile, regale per questi appetitosi convivi, con Pieve di Soligo da una parte e Breganze a tenerle testa nel «fare el rosto». Letteratur­a e arte hanno consumato pagine e tele. Basterebbe affidarsi a Jacopo Dal Ponte, il Bassano, per cogliere le suggestion­i di tante tavole dipinte,a colori e in bianco e nero, e assaporare per immagini la storia di tante ghiottoner­ie.

Il saggio di Otello Fabris, maestro dei sapori, in 400 pagine, Introduzio­ne all’arte dello Spiedo (Zel Edizioni), riccamente illustrate e documentat­e, con centinaia di ricette, affonda il suo sapere in un’esperienza diffusa. Fabris aveva già stupito in precedenza, da gran dotto della «Nobile Confratern­ita del Bacalà alla Vicentina», su I misteri del

ragno, ineguaglia­bile ricerca, tradotta in più lingue, di monumental­e divulgazio­ne sulle pratiche per portare in cucina e a tavola lo stoccafiss­o. E quanto lo differenzi­a dal baccalàr. Divaga, Fabris, nelle terre venete, alla scoperta di tecniche e tradizioni, macchine e cotture, si affida al suggerimen­to del «suo» Merlin Cocai, di cui è grande studioso, e si adegua quando invoca «Nunc tempus studiare libros, nunc volgere spetrum», «Ora è il tempo di studiare i libri, ora di volgere lo spiedo». Con quel «siamo capaci di trattare tanto l’uno quanto l’altro».

C’è perfino un aggancio ad Aristotele e non è solo suggestion­e la Descrittio­ne del Paese de Cuccagna dove chi più dorme più guadagna che pure il Ruzzante, nella «Betìa», aveva seguito, suggerendo stucchevol­i passaggi tra il «rostire e lessare», per esaltare quella pioggia di leccornie quando «a tavola pioveno galline dindia, pernice, fagiani, capponi et ogni sorta di uccelli cotti».

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Lo spiedo è una antica tradizione veneta

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