Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Già 18 mila metalmecca­nici in cassa integrazio­ne

Crisi da epidemia, intanto 1.700 aziende chiedono al prefetto di non fermarsi. Positivi 27 operai nelle fabbriche

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Sono già più di 18 mila, tra città e provincia, i lavoratori della provincia di Padova per i quali è stato chiesto l’accesso alla cassa integrazio­ne in queste settimane di emergenza sanitaria. E il dato assume ancor più sostanza se si pensa che riguarda il solo comparto metalmecca­nico: 16.105 dipendenti della media e grande industria per un totale di circa 400 aziende e circa 2000 dipendenti del comparto artigiano impiegati nello stesso settore. «D’altronde - sottolinea Loris Scarpa, segretario generale della Fiom Cgil di Padova - il ricorso alla cassa integrazio­ne rappresent­a, almeno per il momento, l’unica risposta possibile di fronte all’assoluta necessità di arginare il contagio e provare a debellare l’epidemia da coronaviru­s. Ma quando questa fase drammatica sarà definitiva­mente alle spalle, non si potrà non affrontare il problema economico dei lavoratori - ammonisce Scarpa - facendo in modo che tutti tornino a percepire il giusto salario e che il sistema produttivo riparta. Non solo in Italia, ovviamente. Ma anche nel resto d’europa, visto che le produzioni potrebbero presto rallentare o addirittur­a fermarsi in molti altri Paesi».

Sono intanto circa 1.700 le aziende padovane che, fino a ieri sera, hanno fatto domanda al prefetto Renato Francesche­lli di poter continuare a restare aperte, in deroga a quanto stabilito dal decreto firmato domenica scorsa dal presidente del consiglio Giuseppe Conte. Tra queste, ad esempio, ci sono la Mib Italiana di Casalserug­o, la Maschio Gaspardo di Campodarse­go, l’abb di Monselice, la Lincoln di Due Carrare, la Komatsu di Este, la Mta di Conselve e la Dab di Mestrino: tutte imprese in cui già fioccano scioperi e stati d’agitazione. L’eccezione, invece, è costituita dalla Carel di Brugine, dove da oggi verrà sospesa ogni attività, oppure dalla Columbia di Monselice che, aprendo alla cassa integrazio­ne per una parte dei suoi dipendenti, ha deciso di ridurre al minimo la produzione, limitandos­i a quella della filiera alimentare. E sempre a proposito del comparto metalmecca­nico, va registrato che i lavoratori positivi al coronaviru­s sono, per ora, 27: nove all’arneg di Campo San Martino, 3 alla Carel, 3 all’elbi di Limena, 3 alla De Angeli di Bagnoli di Sopra e poi uno rispettiva­mente alla Minigears e alla Blowtherm di Padova, all’ocs di Albignaseg­o, alla Maschio Gaspardo, alla Lincoln, alla Malvestio di Villanova di Camposampi­ero, alla Ine di Cittadella, all’antonio Carraro di Campodarse­go e alla Zf di Selvazzano. «Nemmeno negli ospedali – osserva ancora il segretario della Fiom-cgil, Scarpa – ci sono le protezioni necessarie per tutti i medici e gli operatori sanitari. E com’è possibile che invece ci siano per tutti i lavoratori di queste centinaia di aziende che si dichiarano “essenziali” e chiedono la deroga per poter proseguire la produzione?». Moltissime imprese artigiane (di tutti i settori) intanto, si sono fermate dalla mezzanotte: secondo una stima di Confartigi­anato, sono 77 mila in tutto il Veneto quelle che oggi chiuderann­o i battenti fino a nuovo ordine governativ­o. (d.d’a.)

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Linee di produzione Un’operaia della Carel di Brugine

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