Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Pfm: «Suoniamo De André I brani non invecchiano»
Intervista Patrick Djivas, bassista della band simbolo del prog italiano
La canzone d’autore e il rock si incontreranno ancora, come accaduto per la prima volta 40 anni fa, nella tappa del 24 maggio (al momento confermata, nonostante l’emergenza sanitaria in corso)) al Gran Teatro Geox di Padova del «Pfm Canta De André – Anniversary tour», ultima occasione per ascoltare la progressive band omaggiare la tournée del ’78-‘79 condivisa con Fabrizio De André (ore 21,15, info www.zedlive.com). Abbiamo intervistato Patrick Djivas, da 47 anni bassista della band simbolo del prog rock italiano.
Quando avete iniziato il «tour dell’anniversario» avreste mai pensato che potesse avere un tale successo?
«L’idea era quella di fare 12 concerti. Tutto è iniziato perché ci sembrava giusto ricordare l’anniversario dei 20 anni dalla dipartita di Fabrizio e i 40 dalla tournée assieme che ha portato poi al doppio disco live. Le richieste, oggi, hanno portato il tour a superare i 70 concerti, tutti sold out, con una partecipazione del pubblico che riesce ancora a lasciarci sgomenti».
Come sarà strutturato il live?
«Sarà diviso in tre parti e tutto incentrato sulla musica di Fabrizio con i nostri arrangiamenti. Ci sarà una prima parte con pezzi sofisticati, seguita da una parte centrale, la più inaspettata, dedicata alla “Buona Novella”, mentre nell’ultima ci saranno i brani più famosi, corali e partecipati».
C’è un pezzo in particolare di Fabrizio De André che preferisce suonare?
«Tutti i brani sono belli e stimolanti, ma ce ne sono alcuni che amo particolarmente. Uno di questi è Andrea, un pezzo fondamentalmente semplice ma con una sonorità entusiasmante e un portamento unico. Amo poi Un giudice, molto impegnativo: quando il risultato è perfetto sono davvero soddisfatto».
La tournée è passata anche per l’arena di Verona, che esperienza è stata?
«È stato davvero bello. Anche per il fatto che ci fosse Cristiano De André. Una serata unica, con un sold out da 15mila persone: l’arena è sontuosa e l’acustica perfetta».
Facendo un salto nel passato, come era nato quel tour mitico?
«Fabrizio voleva smettere di fare musica e dedicarsi all’agricoltura. Voleva essere un uomo normale, non aveva mai avuto manie di protagonismo. Una sera però è venuto a vedere un nostro concerto in Sardegna e, l’indomani, siamo andati a trovarlo a casa sua. Noi gli abbiamo fatto subito la proposta di suonare assieme e, sarà stato proprio perché tutti gli consigliavano di non farlo, ma alla fine ha accettato. I tempi però erano strettissimi e ci siamo divisi i brani di Fabrizio per i primi arrangiamenti: è stato importante per il risultato finale, ogni brano ha una personalità molto forte e diversa».
Di quel tour quale è il ricordo personale più bello?
«Il rapporto speciale che avevamo per via del comune amore per George Brassens, il padre di tutti i cantautori del mondo. Ci confrontavamo a lungo sulle sfumature delle
sue canzoni. Fabrizio e Brassens non solo erano simili per la musicalità delle rime ma condividevano la stessa grande umanità».
Al cinema è stato un successo il documentario sul concerto ritrovato di Genova. Che cosa ha provato rivedendovi e riascoltandovi? «È stata un’emozione fortissima, forse ancora più di quella del pubblico. Non solo perché sono passati 40 anni, ma soprattutto perché per la prima volta abbiamo potuto vedere Fabrizio in volto mentre cantava: vedere la gioia sul suo viso mi ha fatto capire quanto in quell’occasione ci siamo messi tutti in gioco e quanto abbia funzionato».
Che cosa rende, oggi, Fabrizio De André unico e imprescindibile?
«Sono canzoni più adatte oggi che 40 anni fa e lo saranno ancora fra 40 anni. Non invecchieranno mai perché parlano di una realtà vista attraverso gli occhi di un’artista straordinario, un uomo con punti di vista ampi e inaspettati che sono capaci di aprire la testa e il cuore. I ragazzi saranno sempre attratti da questi testi perché offrono una visione alternativa e stimolate della realtà, senza che mai venga imposta una morale».