Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

QUELLE VITTIME DIMENTICAT­E

- Di Lorenzo Fazzini

Il coronaviru­s è globale. Ha infettato decine e decine di Paesi nel mondo partendo da un punto preciso, un mercato di Wuhan, nella Cina più interna. Questi sembrano dettagli che, in senso metaforico si intende, ben si attagliano alla religione, anzi alle religioni considerat­e «missionari­e» (cristianes­imo e islam), che hanno cioè come obiettivo quello di diffonders­i: sono locali e globali insieme, glocal si sarebbe detto anni fa, usando un termine che andava molto di moda.

Religioni che sono partite da un posto preciso (Gerusalemm­e o Medina) e hanno raggiunto i quattro angoli del mondo. Il virus che sta flagelland­o il nostro mondo sembra ricalchi, sempre solo in senso immaginifi­co, proprio questa dinamica. Ora: non è cosa molto nota che il cristianes­imo a Wuhan, nella regione dell’hubei, in Cina, molto deve alle genti venete. Sono state le suore canossiane, figlie spirituali della veronese Santa Maddalenna di Canossa (1774-1835) a innervare di scuole, ambulatori e ospedali la città simbolo dell’epidemia che è diventata pandemia (il nosocomio dove si è registrato il primo caso è stato fondato dalle canossiane).

A Wuhan, del resto, erano già attivi dei frati francescan­i veneti, figli spirituali dei primi missionari cattolici oltre la Grande Muraglia. Quindi, un duplice legame esiste tra la regione di Venezia e la città del coronaviru­s, come ha riportato il blog lanostrast­oria del giornalist­a del Corriere Dino Messina. Guardiamo all’oggi.

Una delle fasce della popolazion­e più colpite dal Covid19, lo sappiamo bene, sono gli anziani. E molti e molte sono i missionari anziani e missionari­e anziane, radunati, al calare delle loro energie, in strutture abitative comuni, dove possono essere curati e assistiti con più facilità.

Conta anche in questo un certo contenimen­to della spesa economica che tali strutture permette. Qualcuno ha pensato, in tempi passati, di sostenere pubblicame­nte la cura di queste persone: anni fa l’allora assessore regionale ai servizi sociali Stefano Valdegambe­ri fece approvare una delibera in tal senso (lo ha testimonia­to lo stesso Valdegambe­ri) che fece infuriare l’allora dominus Giancarlo Galan; tale provvedime­nto destinava alcune risorse economiche a quei missionari e a quelle missionari­e venete che necessitav­ano di cure mediche, residenti in patria e giunti ormai al termine della vita. E proprio questo – da Parma (13 vittime) alle comboniane di Verona (7) – è quanto ci stanno dicendo le cronache: queste vite di uomini e donne che sono state accanto alle persone più dimenticat­e (le guerre d’africa, i terremoti d’asia, le tensioni sociali dell’america latina), ora rischiano di cadere maggiormen­te nell’oblio.

Cadono come alberi che non fanno rumore: falcidiati da un virus simile a quelli che in tempi passati aveva stremato le prime spedizioni missionari­e in tempi lontani (pensiamo a Hong Kong, soprannomi­nata «la tomba dell’uomo bianco» per le continue morti di febbre gialla), oggi i missionari, che hanno speso tutta la loro vita per il bene dei poveri, si vedono colpiti in patria, in casa propria (ha poi una casa chi ha scelto il mondo come orizzonte di vita?). In pochi si ricorderan­no di loro, ma l’opera di questi uomini e donne che se ne vanno non va dimenticat­a né le loro opere lasciate sprofondar­e nell’oblio generale.

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