Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Imprese, l’«assedio» alla prefettura
Franceschelli: richieste di deroga, sommersi di carte. Il sindacato: no a furbizie
«Siamo letteralmente sommersi di carte». Non sarà pronto prima di lunedì sera l’elenco delle aziende padovane che, tra le oltre duemila che hanno fatto richiesta di deroga, dovranno sospendere la loro attività almeno fino a venerdì 3 aprile. Il faldone è nelle mani del prefetto Renato Franceschelli. Ieri ha affrontato la questione con i segretari di Cgil, Cisl e Uil. Duro il sindacato: «Vigileremo su chi vuol tenere aperto, non è il momento delle furbizie».
«Siamo letteralmente sommersi di carte». Non sarà pronto prima di lunedì sera l’elenco delle aziende padovane che, tra le oltre duemila che hanno fatto richiesta di deroga, dovranno sospendere la loro attività almeno fino a venerdì 3 aprile. Per quelle che invece potranno continuare la produzione, varrà la regola del «silenzio-assenso». Il faldone, che peraltro si ingrossa di ora in ora, è nelle mani del prefetto Renato Franceschelli che, insieme con i tecnici della Camera di Commercio, della Guardia di Finanza e dei Vigili del Fuoco, sta esaminando le domande una per una. «Per il momento - spiega il numero uno di piazza Antenore - siamo a malapena riusciti a mettere in ordine alfabetico le richieste che ci sono pervenute, eliminando quelle doppie o addirittura triple nonché quelle mandate da imprese che, in base all’ultima lista di codici Ateco, possono già tranquillamente restare aperte. Il nostro, insomma, non sarà un lavoro breve. E la speranza è quello di concluderlo per i primi giorni della prossima settimana». Anche se, a quel punto, potrebbe esserci il rischio di qualche ricorso: «I nostri provvedimenti di diniego saranno impugnabili di fronte al Tar. E quindi - amche mette Franceschelli - siccome l’italia è il Paese dei ricorsi, ce ne sarà sicuramente qualcuno». Ieri mattina intanto, in videoconferenza, lo stesso prefetto ha affrontato la questione con i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, analizzando i contenuti del decreto «anticoronavirus» varato domenica scorsa dal presidente del consiglio Giuseppe Conte: «Il criterio da rispettare - sottolineano Aldo Marturano (Cgil), Samuel Scavazzin (Cisl) e Riccardo Dal Lago (Uil) - è quello di produrre beni che rientrano nelle filiere che i provvedimenti del governo hanno considerato fondamentali. E in questo senso, quando ci verrà comunicato l’elenco delle aziende a cui non è stata negata l’autorizzazione a proseguire l’attività, segnaleremo eventualmente i casi in cui, a nostro avviso, il suddetto criterio non sussista».
Un concetto, quest’ultimo, i sindacalisti rinforzano così: «Non è il momento delle furbizie né degli atteggiamenti irresponsabili. D’altronde - evidenziano i tre - di fronte all’emergenza sanitaria in corso, il profitto e le ragioni economiche non possono che passare in secondo piano, visto che in gioco c’è la vita delle persone». Nel frattempo, vanno fatte due rettifiche. Contrariamente a quanto scritto l’altro ieri, infatti, all’elbi di Limena non è stato riscontrato alcun caso di coronavirus, mentre la Dab di Mestrino non ha domandato alcuna deroga al prefetto, decidendo invece di sospendere la produzione fino al 3 aprile.
Va poi registrata una buona notizia per le oltre 450 aziende florovivaistiche del territorio padovano che, sulla base di un chiarimento giunto direttamente dal governo, potranno continuare a vendere fiori e piante nei supermercati e nei negozi dedicati: «Per fortuna - dice il presidente della Coldiretti, Massimo Bressan - il nostro grido d’allarme non è rimasto inascoltato e le nostre imprese non saranno costrette a buttare al macero i loro bellissimi prodotti, peraltro proprio con l’arrivo della primavera».