Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Zaia: scuole, difficile la riapertura
L’emergenza Strumenti, insegnanti: così non si ferma l’istruzione. Il 15 per cento dei ragazzi «di carta» tagliati fuori perché in casa non hanno il pc «Non mettiamo a rischio la salute degli studenti». Il dirigente regionale: cinque istituti statali su s
Per Zaia «forse le VENEZIA scuole non riapriranno più». Per il ministro Azzalin «sicuramente ci sarà una proroga». E qui in Veneto siamo preparati: più di 4 scuole statali su 5 sono connesse con i propri studenti. 501 istituti scolastici su un 590. Ma c’è anche quel 15% di ragazzi di carta, tagliati fuori perché il pc non ce l’ha.
Una settimana, un mese, ora pare tutto l’anno. Per il governatore Luca Zaia «forse le scuole non riapriranno più. La vedo dura mettere a repentaglio la salute dei ragazzi e creare un popolo di contagiatori». Certo è che le porte degli istituti non apriranno agli studenti almeno per tutto aprile. «Sicuramente ci sarà una proroga - ha annunciato ieri il ministro dell’istruzione Lucia Azzolina - si andrà oltre la data del 3 aprile». «L’obiettivo - ha spiegato - è che gli studenti tornino a scuola quando sarà certo e sarà sicuro che possano tornare. La salute è prioritaria».
Quasi quanto la lezione digitale in tempi di coronavirus. Aule vuote e ipad roventi, non è più roba da élite. Per garantire la continuità didattica non esiste altra via. In Veneto più di 5 scuole su 6 sono connesse con i propri studenti: 501 plessi scolastici statali su un totale di 590. C’è chi la lezione la fa vis à vis, via webcam, con tanto di avatar del prof che rimbalza sullo schermo per ricordare l’ora dei compiti. C’è chi si accontenta dei muri virtuali su cui appiccicare e recuperare ogni tipo di materiale didattico interattivo. L’85% cento degli studenti veneti, secondo l’usr, oggi sono digitali. E poi c’è quel 15% di ragazzi di carta. Tagliati fuori dalla scuola online perché poveri, spesso stranieri. Alunni rimasti analogici perché magari in casa hanno una connessione lenta e vecchia come il cucco e un solo pc. E quel pc serve a mamma e pail
” Celada Alcuni dei nostri presidi sono nella task force della didattica a distanza voluta dal governo
Zen
Nel liceo la didattica a distanza è più facile, la situazione economica delle famiglie è migliore
Donazzan Divario a macchia di leopardo che è spesso legato al professore che si è o meno aggiornato
pà per lo smart working.
È il primo motivo del digital divide. Un solco sempre più profondo tra chi segue le lezioni virtuali con tanto di verifiche e voti e chi si accontenta dei compiti per casa. La didattica a distanza non è ancora cosa per poveri, lo dice il monitoraggio fatto dal provveditorato veneto in questo primo mese sperimentale. «La maggior parte delle nostre scuole si è attrezzata in poco tempo (tanto che alcuni dei nostri presidi e professori sono stati chiamati all’interno della task force della didattica a distanza voluta dal governo). Il resto degli istituti vivono una situazione di carenza dovuta al tipo di utenza: sono soprattutto quelle con alta incidenza di studenti stranieri, o ragazzi con difficoltà economiche, che non possiedono device tecnologici». Se n’è accorto anche il preside del liceo Brocchi di Bassano, Gianni Zen. La sua scuola digitale viaggia a velocità della luce: studenti impegnati dalle otto del mattino e webcam per interazioni continue tra docente e alunno («Da gestire in modo flessibile per il bene dello studente»). Però altri dirigenti, nella chat dei presidi, confidano la fatica nello stare al passo, per l’assenza degli strumenti digitali a scuola e in famiglia. «Sono soprattutto i presidi degli istituti professionali, dove le situazioni economiche delle famiglie sono di altro tipo. Io dirigo un liceo ed è più facile pensare che le cose qui funzionino. È qui che si crea il divide tecnologico». decreto firmato ieri dal ministro Azzolina stanzia 85 milioni per questa didattica a distanza. «Dovranno essere molti di più - sostiene Zen ma dobbiamo armarci di pazienza».
Chi ne ha da vendere è Marina Prete, vicepreside e animatrice digitale dell’istituto comprensivo Carbonera di Treviso. Ogni settimana aumenta i webinar (seminari interattivi) per una sessantina di docenti. Un’insegnante di francese «diceva che non ce l’avrebbe mai fatta con le lezioni online invece sta già intrattenendo i suoi studenti con le video story». Prete sta per dotare tutti i prof di un avatar parlante che arriverà come notifica agli studenti. Bisogna metterci la faccia sempre». E anche la firma: sta per essere pubblicato un libro sulla scuola a distanza ai tempi del Coronavirus, scritto dalle classi quarte.
Altre realtà hanno subito il gap digitale fino a ieri, ma da oggi ingranano la quinta: le Scuole dorotee delle Orsoline di Padova hanno voltato la pagina del registro online per approdare alla piattaforma Gsuite for education. Da domani webcam e lezioni frontali. Ma il digital divide spesso è proprio all’interno dello stesso istituto: «È a macchia di leopardo - conferma l’assessore all’istruzione del Veneto Elena Donazzan -. Tante volte è legato al singolo docente che si è aggiornato o meno. Ho notato difficoltà nella scuola media. La migliore performance è invece quella delle scuole di formazione professionale della Regione». Ma per i sindacati ci sono ancora molti scogli da superare. Per Marta Viotto di Flc Cgil se le disuguaglianze c’erano già prima, «con la didattica a distanza aumentano, sia per le scuole che per gli studenti che hanno poca strumentazione e rete». Per Daniela Avanzi di Snals il divario della scuola online «si registra per i ragazzi con dsa o disabilità, che hanno bisogno di sostegno per seguire le lezioni». Per Sandra Biolo di Cisl, «bene le scuole superiori che danno in comodato d’uso ai ragazzi l’attrezzatura dei laboratori informatici».