Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Paradosso Casa di cura: scatta la cassa integrazione
Personale sanitario lasciato a casa per mancanza di lavoro. In tempi di emergenza può sembrare un paradosso, eppure in una struttura privata del Padovano succede anche questo: la riduzione delle attività per effetto del coronavirus infatti ha colpito anche la Casa di cura di Abano, che dunque ha chiesto l’attivazione della cassa integrazione in deroga per una parte dei suoi 718 dipendenti. La struttura, convenzionata e accreditata, ha dovuto fare i conti con la sospensione di tutte le attività non urgenti disposta dall’usl, che dal 13 marzo ha fatto calare il lavoro del 3040%; la direzione ha precisato che l’ospedale resta aperto e che la misura non riguarderà i medici ma solo infermieri, oss e amministrativi.
La decisione ha suscitato il «netto e compatto parere di dissenso e contrarietà» da parte di Cgil, Cisl e Uil, secondo cui la Casa di cura di Abano «potrebbe diventare riferimento territoriale per la zona della Bassa Padovana, vista la conversione dell’ospedale di Schiavonia in centro Covid-19» (e, almeno per ora, la mancata riapertura del vecchio ospedale di Monselice). I sindacati al contrario chiedono di intensificare le energie «anche per strutture che possono accogliere pazienti non colpiti dal Covid-19 e svolgere prestazioni che ad oggi vengono effettuate dai Presidi Ospedalieri territoriali più lontani rispetto alla struttura di Abano. A maggior ragione, per un territorio come quello della Bassa Padovana, che come sanno molto bene i cittadini è drammaticamente scoperto».