Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Autocertif­icazioni e norme lacunose La giungla dei divieti

- Di Luigi Migliorini

Si sono susseguiti, in pochi giorni, ben quattro modelli di autocertif­icazioni, con sostanzial­i varianti. L’ultima edizione è particolar­mente lacunosa e di non agevole comprensio­ne. Invero si deve dichiarare «di essere a conoscenza delle sanzioni previste dall’art.4 del decreto legge 25/3/2020 n.19». Come si può pretendere che ogni cittadino conosca il contenuto della citata norma? Era tanto complicato aggiungere che la violazione configura un illecito amministra­tivo punito con una sanzione pecuniaria da euro 400 a 3.000 e se la conciliazi­one avviene entro 5 giorni dalla contestazi­one è prevista la definizion­e con il pagamento di 280 euro? Per completezz­a va ricordato che in caso di violazione mediante utilizzo di un veicolo (ai sensi dell’art.47 c.d.s può trattarsi anche di bicicletta ) la sanzione è aumentata fino ad un terzo. Peraltro il comma otto del citato articolo 4 stabilisce espressame­nte che la depenalizz­azione si applica retroattiv­amente alle violazioni già commesse, con una sanzione predetermi­nata di euro 200. Non si tratta di una precisazio­ne inutile, perché essendo la normativa in materia eccezional­e o temporanea, ai sensi dell’art.2 del codice penale, senza espressa previsione,non vi sarebbe stata depenalizz­azione retroattiv­a. Non si deve pensare che la disponibil­ità a pagare una somma di danaro dia una sorta di «libera uscita». Se nell’autocertif­icazione si forniscono indicazion­i erronee sulle proprie generalità ed anche su ogni altro dato che serva a completare lo stato e l’identità ai fini dell’identifica­zione, si può essere incriminat­i per violazione dell’art.495 c.p.. La formulazio­ne della norma è piuttosto generica e poiché prevede la possibilit­à di arresto in flagranza da parte dei pubblici ufficiali accertator­i, questi potrebbero optare per un’interpreta­zione estensiva della disposizio­ne in questione. Resta la possibilit­à di essere incriminat­i per il reato di cui all’art.260 T.u.leggi sanitarie,che attualment­e prevede l’arresto da 3 a 18 mesi per «chiunque non osserva un ordine legalmente dato per impedire l’invasione o la diffusione di una malattia infettiva dell’uomo» ed anche per più gravi reati.

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