Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Autocertificazioni e norme lacunose La giungla dei divieti
Si sono susseguiti, in pochi giorni, ben quattro modelli di autocertificazioni, con sostanziali varianti. L’ultima edizione è particolarmente lacunosa e di non agevole comprensione. Invero si deve dichiarare «di essere a conoscenza delle sanzioni previste dall’art.4 del decreto legge 25/3/2020 n.19». Come si può pretendere che ogni cittadino conosca il contenuto della citata norma? Era tanto complicato aggiungere che la violazione configura un illecito amministrativo punito con una sanzione pecuniaria da euro 400 a 3.000 e se la conciliazione avviene entro 5 giorni dalla contestazione è prevista la definizione con il pagamento di 280 euro? Per completezza va ricordato che in caso di violazione mediante utilizzo di un veicolo (ai sensi dell’art.47 c.d.s può trattarsi anche di bicicletta ) la sanzione è aumentata fino ad un terzo. Peraltro il comma otto del citato articolo 4 stabilisce espressamente che la depenalizzazione si applica retroattivamente alle violazioni già commesse, con una sanzione predeterminata di euro 200. Non si tratta di una precisazione inutile, perché essendo la normativa in materia eccezionale o temporanea, ai sensi dell’art.2 del codice penale, senza espressa previsione,non vi sarebbe stata depenalizzazione retroattiva. Non si deve pensare che la disponibilità a pagare una somma di danaro dia una sorta di «libera uscita». Se nell’autocertificazione si forniscono indicazioni erronee sulle proprie generalità ed anche su ogni altro dato che serva a completare lo stato e l’identità ai fini dell’identificazione, si può essere incriminati per violazione dell’art.495 c.p.. La formulazione della norma è piuttosto generica e poiché prevede la possibilità di arresto in flagranza da parte dei pubblici ufficiali accertatori, questi potrebbero optare per un’interpretazione estensiva della disposizione in questione. Resta la possibilità di essere incriminati per il reato di cui all’art.260 T.u.leggi sanitarie,che attualmente prevede l’arresto da 3 a 18 mesi per «chiunque non osserva un ordine legalmente dato per impedire l’invasione o la diffusione di una malattia infettiva dell’uomo» ed anche per più gravi reati.