Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
IMPRESE, IL DOPO INIZIA ADESSO
L’idea di un «patto per la ripartenza» lanciata da Achille Variati ha un grande pregio: è un invito ad alzare la testa, a guardare oltre l’emergenza Coronavirus, a preparare (oggi) la rinascita (di domani). Variati, sottosegretario al ministero dell’interno ed ex sindaco di Vicenza, chiama a raccolta «le energie e le intelligenze del mondo veneto», associazioni imprenditoriali, sindacati, politici di ogni livello. «Perché ripartire bisogna». Eccolo il punto: tutto il dibattito è concentrato sul «quando» riaprire, mentre sarebbe utilissimo cominciare a riflettere sul «come». Se è vero che niente sarà come prima, occorre uno sforzo straordinario e comune per progettare il Nordest che verrà. Sui tavoli dei prefetti sono arrivate 11 mila domande di aziende.
Aziende che chiedono la prosecuzione dell’attività in deroga al «fermi tutti» stabilito dal governo. È evidente che le imprese scalpitano, per non perdere quote di mercato e cercare di attenuare una caduta che alcuni osservatori già indicano superiore a quella della Grande Crisi. Ci vogliono massicce dosi di liquidità, agevolazioni fiscali, risorse eccezionali per sostenere il reddito dei lavoratori dipendenti e delle partite Iva. Vedremo quante risorse verranno stanziate nell’atteso secondo decreto «Cura Italia» di aprile. E soprattutto come andrà a finire la partita di Bruxelles, dove la posta in gioco è il destino stesso dell’europa. Ma nonostante i timori, le incertezze e gli interrogativi, è proprio questo il momento di iniziare a pensare al «dopo». La lotta al virus continuerà per mesi. Quindi sarà indispensabile incrementare ulteriormente gli strumenti di protezione individuali e collettivi, in modo che nei capannoni come negli uffici pubblici e negli esercizi commerciali si possa lavorare nella massima sicurezza. La lezione da imparare, però, è molto più ampia. Nelle aziende va portata avanti un’autentica rivoluzione organizzativa che deve necessariamente basarsi sulle tecnologie digitali. Non basta. Occorrono nuovi modelli di relazioni industriali e nuove forme contrattuali: Gianfranco Refosco, segretario generale della Cisl Veneto, parla di un «bazooka contrattuale», sotto forma di accordi aziendali che esaltino la flessibilità e incentivino la produttività. Sullo sfondo, infine, c’è l’ipotesi (il sogno?) di un grande piano per favorire il reshoring, il rientro in Italia di produzioni che in epoca di delocalizzazione selvaggia hanno preso la via di Paesi a basso costo del lavoro, Cina in testa. Non si sa quando, ma se ne vogliamo uscire servono davvero idee nuove.