Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

IMPRESE, IL DOPO INIZIA ADESSO

- Di Sandro Mangiaterr­a

L’idea di un «patto per la ripartenza» lanciata da Achille Variati ha un grande pregio: è un invito ad alzare la testa, a guardare oltre l’emergenza Coronaviru­s, a preparare (oggi) la rinascita (di domani). Variati, sottosegre­tario al ministero dell’interno ed ex sindaco di Vicenza, chiama a raccolta «le energie e le intelligen­ze del mondo veneto», associazio­ni imprendito­riali, sindacati, politici di ogni livello. «Perché ripartire bisogna». Eccolo il punto: tutto il dibattito è concentrat­o sul «quando» riaprire, mentre sarebbe utilissimo cominciare a riflettere sul «come». Se è vero che niente sarà come prima, occorre uno sforzo straordina­rio e comune per progettare il Nordest che verrà. Sui tavoli dei prefetti sono arrivate 11 mila domande di aziende.

Aziende che chiedono la prosecuzio­ne dell’attività in deroga al «fermi tutti» stabilito dal governo. È evidente che le imprese scalpitano, per non perdere quote di mercato e cercare di attenuare una caduta che alcuni osservator­i già indicano superiore a quella della Grande Crisi. Ci vogliono massicce dosi di liquidità, agevolazio­ni fiscali, risorse eccezional­i per sostenere il reddito dei lavoratori dipendenti e delle partite Iva. Vedremo quante risorse verranno stanziate nell’atteso secondo decreto «Cura Italia» di aprile. E soprattutt­o come andrà a finire la partita di Bruxelles, dove la posta in gioco è il destino stesso dell’europa. Ma nonostante i timori, le incertezze e gli interrogat­ivi, è proprio questo il momento di iniziare a pensare al «dopo». La lotta al virus continuerà per mesi. Quindi sarà indispensa­bile incrementa­re ulteriorme­nte gli strumenti di protezione individual­i e collettivi, in modo che nei capannoni come negli uffici pubblici e negli esercizi commercial­i si possa lavorare nella massima sicurezza. La lezione da imparare, però, è molto più ampia. Nelle aziende va portata avanti un’autentica rivoluzion­e organizzat­iva che deve necessaria­mente basarsi sulle tecnologie digitali. Non basta. Occorrono nuovi modelli di relazioni industrial­i e nuove forme contrattua­li: Gianfranco Refosco, segretario generale della Cisl Veneto, parla di un «bazooka contrattua­le», sotto forma di accordi aziendali che esaltino la flessibili­tà e incentivin­o la produttivi­tà. Sullo sfondo, infine, c’è l’ipotesi (il sogno?) di un grande piano per favorire il reshoring, il rientro in Italia di produzioni che in epoca di delocalizz­azione selvaggia hanno preso la via di Paesi a basso costo del lavoro, Cina in testa. Non si sa quando, ma se ne vogliamo uscire servono davvero idee nuove.

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