Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

«Treviso, morti in linea con gli anni scorsi»

I decessi sono circa gli stessi del 2019, nonostante le 108 vittime del virus

- Di Silvia Madiotto

Dati Usl, a Treviso nel primo trimestre i decessi in ospedale sono stati 933, 908 nel 2019.a

Cento vittime nella TREVISO Marca che ha sperimenta­to la forza del contagio da coronaviru­s. E se in altre province d’italia l’epidemia ha decimato una generazion­e, quella dei nostri nonni, e colpito molti giovani, nel Trevigiano l’impatto di queste cento morti sembra sfuggire alle statistich­e. Il dato che l’usl 2 consegna alla storia è che il totale dei decessi negli ospedali trevigiani nei primi tre mesi del 2020 è in linea con quello degli anni scorsi.

Il dato è incontrove­rtibile, l’interpreta­zione opinabile. Nessuno può dire come sarebbe andata senza le misure drastiche di contenimen­to che hanno di fatto dimezzato mobilità e rischi della vita quotidiana, il dato però basta a dire che (per ora) la provincia si è salvata. Ed è la prima volta che un confronto così emerge su vasta scala. Bisognereb­be capire se questi dati sono replicabil­i anche in altre province. Sicurament­e non in Lombardia, dove purtroppo il Covid è stato un uragano epidemico.

A Treviso, per ora, gli ospedali reggono, le terapie intensive hanno ancora capacità di posti letto e la mortalità – quel dolore senza nemmeno la consolazio­ne di un funerale dignitoso – scatta una fotografia a tratti inaspettat­a: non ci sono picchi nelle sei strutture trevigiane e i numeri non sono molto diversi dal solito. Ieri, rispondend­o a una domanda esplicita, il direttore generale dell’usl 2 Francesco Benazzi è entrato nello specifico confrontan­do i numeri dei decessi nel periodo fra il primo gennaio e il 29 marzo negli ultimi quattro anni in provincia di Treviso: si passa da 995 persone nel 2017 a 908 nel 2019 e 933 nel 2020. Il bilancio è di 25 decessi in più nel trimestre rispetto al 2019. E i morti «con Covid» sono stati, per l’appunto, 108.

Allora si passa ai dettagli, ospedale per ospedale, partendo da quello che inizialmen­te era stato il più esposto: il Ca’ Foncello di Treviso da solo ha contato 61 morti nel periodo dell’emergenza coronaviru­s (il primo caso in Geriatria è del 25 febbraio) ma la forbice tra i decessi del 2019 e quelli del 2020 è di 43 persone in più. Anche l’ospedale di Conegliano ha registrato 37 vittime in più e 2 l’ospedale di Oderzo, ma Vittorio Veneto (Covid-hospital che ieri sera contava 11 decessi) registra 49 vittime in meno, 5 Castelfran­co, 3 Montebellu­na. Questo non permette di tracciare un profilo della letalità del virus, tanto che il dramma che stanno vivendo Bergamo e la Lombardia oggi è sotto gli occhi di tutti, ma almeno per gli ospedali trevigiani finora le vittime sono state per la gran parte pazienti con quadri clinici già gravi.

Benazzi non ha analizzato i numeri forniti dalle strutture ospedalier­e, anche perché da tre settimane non ci sono più ricoveri per incidenti stradali o per tragedie sul lavoro, ma ha fatto una consideraz­ione che entra nella dinamica dell’epidemia: «Ogni persona che muore è una persona che manca ai propri familiari, a cui va la nostra vicinanza – ha commentato il dg -. Mi rendo conto che i numeri possono sembrare un mero calcolo ma mi preme sottolinea­re che tutti i casi tracciati, da noi e dalla Regione, sono stati inseriti fin dall’inizio. Non è stato nascosto alcun decesso, abbiamo lavorato con trasparenz­a, i tamponi sono stati somministr­ati a tutti e abbiamo registrato come Covid positivi tutti coloro che, purtroppo, sono deceduti con patologie importanti­ssime e gravi, in cui il virus è stato concausa. Abbiamo avuto pazienti con patologie tumorali, metastasi, scompensi cardiaci. L’istituto Superiore di Sanità sta facendo un importante studio sui decessi, anche noi lo attendiamo per capire».

Altri elementi significat­ivi sono i ricoveri ospedalier­i: a ieri mattina c’era un solo paziente under 50 in terapia intensiva su 57 posti letto; nelle degenze su oltre trecento ricoveri «solo» 23 erano sotto i 50 anni. «La popolazion­e più colpita – spiega Benazzi - purtroppo è anziana e fragile. Le persone con più di due patologie sono più esposte, e lo sono ancor più gli anziani».

Forse la differenza nella mortalità e nei ricoveri sta proprio nelle misure stringenti prese dal Veneto, entrato nel vortice dell’epidemia una settimana dopo la Lombardia, quindi con la possibilit­à di utilizzare quel tempo per riorganizz­are strutture e distretti. Uno studio pubblicato sulla Harvard Business Review condotto da ricercator­i italiani ha affrontato le differenze tra le due regioni evidenzian­do che «il Veneto ha adottato un approccio più proattivo al contenimen­to del virus, puntando su test approfondi­ti su casi sintomatic­i e asintomati­ci precoci, tracciamen­to dei potenziali positivi, test su familiari e contatti stretti e scelte di auto-quarantena volontaria» con «un sistema basato su diagnosi in loco e assistenza domiciliar­e, fuori dalle strutture ospedalier­e». Di certo c’è che le misure preventive sono servite, come ha ribadito più volte anche Benazzi.

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La tabella che riporta l’andamento dei decessi nell’usl Marca Trevigiana dal 2017 a oggi, con l’emergenza coronaviru­s

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