Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Effetto lockdown sulle fatture 26 miliardi che nessuno paga
L’appello di Zaia: «Stop ai sequestri alle Dogane»
La Confapi (Confederazione italiana della piccola e media industria privata) lancia l’allarme: «Il rischio è che si blocchi l’intera catena che parte dai grandi committenti e arriva ai piccoli imprenditori e che a pagare le conseguenze peggiori siano proprio questi ultimi». Secondo una stima l’ammontare delle fatture non pagate arriva a 26 miliardi.
Nella sola Città metropolitana di Venezia già in dieci si sono rivolti alla Prefettura per capire come convertire le produzioni, al momento in stand by. Tanti, tantissimi, vogliono ristrutturarsi e iniziare a cucire camici e mascherine, a realizzare cioè le protezioni che ora scarseggiano negli ospedali e che sono diventate un bene essenziale. Non solo per medici e infermieri, ma anche per i dipendenti di farmacie e supermercati, per i volontari di Protezione civile e Croce rossa che assistono chi è in isolamento, per gli operatori delle case di riposo e, non da ultimo, per le famiglie che devono fare la spesa o recarsi al lavoro, magari salendo a bordo di un bus dove il metro di distanza l’uno dall’altro è spesso difficile da rispettare.
Ma di mascherine, in assoluto il sistema di protezione più ricercato da tutti, fatto salvo quelle distribuite gratuitamente da Regione e Comuni, non se ne trovano. Nemmeno ordinandole sul web: le consegne slittano a fine mese se non vengono bloccate. E così a fianco dell’appello del presidente del Veneto Luca Zaia «Ho chiesto alla Protezione civile che si interrompa l’ordinanza che prevede il sequestro quantomeno delle mascherine chirurgiche, perché è giusto che i rivenditori, supermercati e farmacie, le possano comprare. Ma per farlo non ci devono essere i sequestri alle Dogane» - scatta anche a Palazzo Balbi un piano B per facilitare in ogni modo possibile chi vuole - come hanno già fatto nei loro stabilimenti lo stilista Giorgio Armani che sta già realizzando camici usa e getta per gli ospedali e la veronese Veronese Calzedonia che produce mascherine - trasformare la propria attività e fornire un servizio utile alla comunità e, anche, alla propria impresa che, in piena crisi, può continuare a lavorare, pagare i fornitori e gli operai, evitando la cassa integrazione (si stima che 900mila veneti a breve saranno in Cig).
La Regione, solo due giorni fa, ha redatto un vademecum «sulle procedure per la produzione in deroga di maschere e di sistemi di protezione individuale», predisposto sulla base delle indicazioni contenute nel Decreto della Presidenza del consiglio dei ministri del 17 marzo. Otto pagine, con tanto di link ipertestuali per scaricare moduli e documenti, in cui si spiega esattamente cosa fare e magari evitare di telefonare per informazioni a chi in questo momento sta gestendo l’emergenza.
Oltre a segnalare che le associazioni di categoria hanno costituito task force per aiutare gli associati, che sul sito dell’ente italiano per la normazione ci sono tutte le regole per i requisiti di sicurezza e che il decreto Cura Italia dà la possibilità di accedere a incentivi, la Regione mette a disposizione un’email (autocertificazioni.covid@regione.veneto.it) per le candidature. Inoltre, si legge, «le aziende devono inviare all’istituto Superiore di Sanità specifica autocertificazione nella quale, sotto la propria responsabilità, dichiarano quali sono le caratteristiche tecniche delle mascherine». Entro tre giorni, la risposta dell’istituto, poi toccherà alla valutazione dell’inail. Pochi passaggi e la produzione può essere avviata.