Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Via ai test per trovare gli immuni
Il kit, prodotto in Cina, è stato validato dagli Atenei di Padova e Verona. Zaia: iniziamo con centomila. Individueremo gli anticorpi Parte in Veneto lo screening, obiettivo: un «patentino» per tornare al lavoro. Priorità al personale sanitario
Partono in Veneto i test veloci per individuare gli immuni al virus. Obiettivo dare una sorta di «patente» per tornare a lavorare. Priorità al personale sanitario, poi ai dipendenti delle imprese.
Sono in partenza due progetti in grado di potenziare la controffensiva lanciata dal Veneto all’attacco del coronavirus Covid-19, che ieri ha contagiato altre 521 persone (per un totale di 9374), uccidendone 29. Le vittime salgono a 492, 27 delle quali decedute nelle case di riposo, anche se in realtà, dice l’istituto Superiore di Sanità, sono 36 gli ospiti delle residenze per anziani uccisi dell’infezione, ma alcuni si sono spenti in ospedale.
Dopo aver eseguito 106.238 tamponi e aver ottenuto da Roma l’autorizzazione a sperimentare all’ospedale di Padova il plasma di persone guarite per curare nuovi pazienti, ieri il Comitato tecnico scientifico della Regione ha dato il via libera al «Progetto per la diagnostica sierologica di Covid19», che prevede la ricerca di anticorpi nel sangue inizialmente dei 60mila operatori sanitari del sistema pubblico e dei 20mila dipendenti delle case di riposo. E poi, su base volontaria, dei lavoratori delle categorie produttive, desiderosi di tornare in fabbrica o in azienda. Si tratta di un test rapido in grado di rilevare nel sangue la quantità di anticorpi protettivi contro il Covid-19, prodotto da una ditta cinese, validato dalle Università di Padova e Verona e forte di un’affidabilità del 90%, che individua i soggetti immuni all’infezione. «Già sperimentato con successo dai professori Mario Plebani, del Dipartimento di Medicina
di Laboratorio dell’azienda ospedaliera di Padova, e dal professor Giuseppe Lippi, del Laboratorio analisi dell’azienda ospedaliero-universitaria di Verona, questo metodo ci consentirà di dare una sorta di patente di immunità ai soggetti nei quali riscontrerà gli anticorpi al coronavirus — illustra il governatore Luca Zaia — e che quindi hanno contratto la malattia ma sono guariti. E possono tornare a lavorare. Abbiamo già acquistato 732mila test rapidi».
Gli industriali, desiderosi di veder ripartire l’economia, si sono detti disponibili a pagare i test per i loro dipendenti. A scalare, lo screening verrà poi effettuato sul resto della popolazione, per appurare se si sia creata o meno l’immunità di gregge, ovvero se almeno il 60% dei veneti sia protetto dal Covid-19. Si inizia dal personale degli ospedali perché, secondo il progetto coordinato dal virologo Giorgio Palù, mentre alla popolazione generale si possono applicare misure di distanziamento sociale e di isolamento domiciliare, i sanitari sono esposti ad un alto rischio. Nelle regioni più colpite il 20% di loro è risultato positivo al virus.
L’ulteriore braccio armato contro l’epidemia è il protocollo trasmesso ieri alle Usl dal direttore generale della Sanità regionale, Domenico Mantoan, per avviare la somministrazione di farmaci a casa di pazienti positivi al Covid-19, sintomatici ma all’inizio della malattia, utilizzando una procedura messa a punto dal Comitato scientifico. Si tratta dei medicinali autorizzati dal
Manuela Lanzarin Case di riposo monitorate h24, le Usl hanno inviato équipe con diversi specialisti
l’agenzia italiana del farmaco e già in uso negli ospedali, come il Tocilizumab, nato per combattere l’artrite reumatoide, il giapponese Avigan e gli anti-malarici e anti-hiv Clorochina/idrossiclorochina, Lopinavir/ritonavir, Duranavir/ Ritronavir e Remdesivir. Il documento è stato redatto alla luce delle attuali conoscenze scientifiche ma sarà aggiornato periodicamente in base alle nuove evidenze cliniche e all’evoluzione del quadro epidemiologico. «Il Tucilizumab sta dando ottimi risultati — spiega Mantoan, che è anche presidente dell’agenzia italiana del farmaco — studi cinesi hanno dimostrato che riduce la degenza da 30 a 13 giorni. Non attacca il virus, ma regola la risposta immunitaria e somministrato in associazione al Remdesivir, che invece è un antivirale, funziona bene». Saranno gli infermieri dell’assistenza domiciliare integrata e i giovani medici (neolaureati o specializzandi) delle Unità speciali di continuità assistenziale a somministrare i farmaci a domicilio. Che potranno essere assunti anche dai pazienti in grado di lasciare l’ospedale per continuare la terapia al proprio domicilio o in casa di riposo.
E a proposito di case di riposo, dice l’assessore alla Sanità, Manuela Lanzarin: «Sono tutte sotto monitoraggio e per controllare meglio la situazione le Usl invieranno quotidianamente delle équipe multidisciplinari». Intanto la curva del contagio sembra rallentare da quattro giorni, come si evince da una certa stabilità dell’occupazione dei letti in Terapia Intensiva, che ieri per il secondo giorno consecutivo evidenziava il segno meno: -4 pazienti, per un totale di 352. E poi ci sono 873 pazienti dimessi dagli ospedali e 523 che hanno visto negativizzarsi il tampone. Insomma, sono guariti. «Segno che le misure di contenimento funzionano — chiude Zaia — e del resto un monitoraggio Tim sui telefonini cellulari rileva un numero di transiti in Veneto che dal 2 al 29 marzo è sceso quasi del 57%. Mi ha telefonato il capo dello Stato, Sergio Mattarella, per sapere come va. Queste due settimane sono decisive».