Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
«I test sierologici li stiamo già facendo sui primi guariti»
«Dobbiamo capire la durata dell’immunità»
Tutti parlano dei test sierologici in corso negli ospedali di Padova e Verona per individuare nel sangue del personale sanitario gli anticorpi al coronavirus Covid-19. Una metodologia messa a punto dal professor Mario Plebani, a capo del Dipartimento di Medicina di Laboratorio dell’azienda ospedaliera di Padova, e dal professor Giuseppe Lippi, del Laboratorio analisi dell’azienda ospedalierouniversitaria di Verona. Ma parte della comunità scientifica, a partire dall’associazione microbiologi italiani, è scettica e si chiede: «A quale distanza dalla comparsa dei sintomi è possibile identificare gli anticorpi? Quanto tempo durano? La loro presenza è sinonimo di immunità?».
Professor Plebani come risponde?
«Rispetto a qualche giorno fa, nuovi lavori di letteratura scientifica ci dicono che questi anticorpi protettivi riscontrati nel sangue dei soggetti guariti dal Covid-19 neutralizzano il virus. Sulla durata come faccio a rispondere se abbiamo cominciato a seguire i pazienti solo 15 giorni fa?».
C’è molta attesa per questi test, che dovrebbero dare la «patente» di immunità.
«La sierologia non fa miracoli, come del resto i tamponi non hanno attendibilità al 100%, e infatti nei casi più complessi si procede con un’aspirazione più profonda delle vie respiratorie. Noi ne facciamo 800 al giorno, a supporto dell’équipe del professor Andrea Crisanti. E ora abbiamo iniziato a studiare quando si sviluppano gli anticorpi protettivi, ottenendo una base scientifica che ci indica il momento in cui possiamo fare il prelievo di sangue per trovare quelli che segnano l’inizio della malattia. E gli altri che invece provano l’avvenuta immunità. Abbiamo individuato il momento giusto in cui i pazienti li sviluppano».
E quand’è?
«Tra il dodicesimo e il quindicesimo giorno dal contagio. Non sappiamo però quanto a lungo durerà l’immunità, lo stiamo studiando. Del resto la base del vaccino sono proprio gli anticorpi che il malato sviluppa per contrastare il virus e allora perché tutti stanno tentando di formularlo se cercare questi agenti protettivi suscita scetticismo?».
Voi come procedete?
«Non stiamo facendo ricerca pura ma portiamo avanti un metodo, validato su malati guariti, che gli otto laboratori degli ospedali hub più quello di Santorso possano cominciare a vedere se funziona, utilizzando macchinari già in uso per altre analisi. Partiamo dagli operatori sanitari dei Pronto Soccorso, delle Malattie Infettive e delle Terapie intensive, i più esposti, per cercare gli anticorpi nel loro sangue ed eventualmente estendere l’indagine fuori dagli ospedali, ai dipendenti delle case di riposo e ai lavoratori. Ma bisogna essere prudenti».
E quindi?
«Prima di tutto non è un test rapido ma un vero esame del sangue, che viene trattato, anche se disponiamo di strumentazione in grado di processare 180 campioni l’ora. E poi l’obiettivo è di fornire ai clinici una risposta veloce per uscire dall’emergenza».
Tutto ciò sottolinea l’importanza della diagnostica di laboratorio.
«Eh sì, pensi che disponiamo già di altri test, ematologici, biochimici e di coagulazione, in grado di indicare o di pronosticare il livello di gravità della malattia. Inoltre stiamo valutando gli indicatori di risposta dell’organismo ai farmaci sperimentali».
” Mario Plebani Sappiamo già che tra il 12esimo e il 15esimo giorno dal contagio possiamo trovare gli anticorpi nel sangue dei guariti e che neutralizzano il virus