Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Coronaviru­s, sempre più guariti ma altre tre vittime in provincia Ed è stallo per le «Unità speciali»

Casa di riposo di Lozzo Atestino, primo decesso. Medici nelle case dei malati, servizio al palo

- Alessandro Macciò Andrea Pistore

Cala costanteme­nte la pressione sulle terapie intensive ma cresce inesorabil­e il numero dei morti. La provincia di Padova continua a detenere il poco invidiabil­e scettro di territorio più «contagiato» del Veneto coi casi di positività che alle 17 di ieri erano saliti a 3086 compresi quelli nel cluster di Vo’. Di questi, 390 si sono negativizz­ati con un indice in continua crescita e che fa ben sperare. Nelle ultime 24 ore i decessi sono stati tre: per la prima volta ha subito un lutto la casa di riposo di Lozzo Atestino, mentre due persone sono morte in Azienda Ospedalier­a.

Il dato confortant­e riguarda i dimessi dalle strutture di degenza. Tra l’ospedale di Padova, quello di Schiavonia e quello di Camposampi­ero sono 14 i pazienti guariti e che sono potuti tornare a casa tra la mattina e il pomeriggio di ieri. Dei 131 ricoverati in Azienda Ospedalier­a diciotto sono ancora in rianimazio­ne mentre nel Covid-hospital della Bassa si contano 137 pazienti di cui 120 in area non critica (+8 solo ieri pomeriggio) e 17 nel reparto di terapia intensiva. Per quanto riguarda i decessi, ieri è mancata ieri Liliana Badan, classe 1942, che da qualche anno era ospite nella casa di riposo Le Rose di Lozzo Atestino. La donna, che aveva sempre vissuto a Padova e lavorato come segretaria, era stata ricoverata a Camposampi­ero il 27 marzo per problemi all’anca e ha quasi sicurament­e contratto il Covid fuori dalla residenza prima dell’ultimo trasferime­nto a Schiavonia. Nella casa di riposo infatti la situazione è sotto controllo, come spiega il sindaco Fabio Ruffin. «Dispiace per questo lutto - dice giunto peraltro inaspettat­amente dato che questo pomeriggio (ieri, ndr) sono arrivati gli esiti dei tamponi che hanno dato tutti esito negativo per gli oltre 100 ospiti». Le case di riposo continuano a essere monitorate visto che sono tra le situazioni più ad alto rischio e considerat­o l’enorme tributo di morti che hanno pagato. Per quelle di Monselice, Merlara, Galzignano e l’ira di Padova ieri è stata una giornata di tregua e senza morti. Situazione analoga per Cittadella, Bovolenta e Camposampi­ero dove il tasso di positivi preoccupa ma dove finora non si sono contati deceduti. I dati aggiornati per quelle di competenza dell’usl 6(vedi anche articolo a pagi

na 5) dicono che 25 strutture su 37 hanno avuto casi di positività. Dei 3895 ospiti 2141 sono stati tamponati e 423 sono risultati contagiati. Di questi 45 sono in ospedale. Per quanto concerne gli operatori dei 3200 almeno 150 hanno contratto il Coronaviru­s.

Nel frattempo prosegue lo stallo sulle «Usca», le Unità speciali di continuità assistenzi­ale in corso di allestimen­to all’usl 6 per controllar­e a domicilio i pazienti affetti da coronaviru­s che non richiedono il ricovero. Il piano comunicato dalla Regione a fine marzo prevede 118 medici divisi in cinque distretti (Padova, Terme Colli, Piovese, Alta Padovana e Padova Sud); martedì l’usl ha arruolato altri 21 camici bianchi (5 a Padova, 3 a Montegrott­o, 6 a Camposampi­ero, 3 a Este e anche i primi 4 a Piove di Sacco), facendo salire il totale dei medici reclutati su cinque sedi da 59 a 80. I controlli nelle abitazioni private, nelle case di riposo e negli ospedali di comunità avrebbero dovuto iniziare tra fine marzo e inizio aprile, ma di fatto non sono ancora cominciati. I medici delle Usca infatti non vogliono entrare in servizio senza aver prima concordato le modalità dei controlli, tanto che a Padova sono stati firmati solo 4 contratti su 29; i camici bianchi hanno chiesto all’usl di adottare un protocollo aziendale condiviso, e oggi incontrera­nno nuovamente la direzione per sbloccare la situazione. Secondo quanto stabilito dalla Regione, le Usca saranno attive 7 giorni su 7 dalle 8 alle 20 e dovranno coprire un bacino di 50 mila abitanti ciascuna; l’incarico prevede un compenso lordo di 40 euro all’ora e tra i medici che hanno indicato la sede di Montegrott­o c’è anche l’ex ministro dell’integrazio­ne Cècile Kyenge.

Le Usca

Reclutati 80 dottori, però manca un protocollo per definire le modalità operative

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