Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Altri contagi. «Non è finita»
Crisanti finisce nel mirino, il capo Dipartimento, Russo: pensiamo abbia parlato in buona fede. Zaia lo bacchetta
Due giorni fa Crisanti aveva salutato il «Veneto a contagi zero» ma già ieri si sono registrati 25 casi. Così, sia dalla Regione che dai colleghi, è arrivato un vibrante appello alla prudenza e al non dare il messaggio che tutto sia finito in un momento particolarmente delicato come quello delle riaperture. Il professor Lippi sbotta: «Il Veneto sarà Covid free solo con 5 milioni di tamponi negativi». Palù e Russo ammoniscono sulla crucialità del trend. Crisanti, da parte sua, insiste sull’uso della mascherina.
La doccia fredda arriva di primo mattino: più 21 nuovi casi di contagio da Covid-19 (a sera si salirà a 25). Con buona pace di quel Veneto «Covid free» nato e morto in 24 ore dopo il primo giorno a contagi zero festeggiato con entusiasmo dal dottor Andrea Crisanti che rilevava il raggiungimento dell’obiettivo «in netto anticipo rispetto alle previsioni». Già ieri mattina il presidente della Regione, Luca Zaia, intervenendo a Radio24 ribadiva la cautela: «Zero contagi? Una rondine non fa primavera». Certo, ammetteva il governatore «il nostro trend è incoraggiante, dal 10 di aprile con curve in calo. Ma dobbiamo attendere ancora un po’ per dire che siamo indenni dal virus». Il numero che Zaia enfatizza è quello che meglio spiega il trend discendente «siamo sotto il 2 per mille rispetto al numero dei tamponi ma parlare di contagio zero è ancora difficile». Il governatore ha poi passato la palla alla «Signora della sanità veneta», Francesca Russo, a capo del Dipartimento di prevenzione regionale. Profilo competente e quasi schivo nelle cui mani c’è, di fatto, il «modello veneto» contro il Covid-19.
«Occorre prestare molta attenzione al messaggio alla popolazione - commenta la dottoressa Russo -. Dire che il Veneto è a contagio zero rischia di essere pericoloso, non ha senso commentare il dato giornaliero bensì il trend sulle due settimane composto da diversi indicatori di risultato». C’è il numero di casi negli ultimi 14 giorni, l’rt (indice di potenzialità di contagio nel tempo nrd)che deve stare sotto l’1 e in Veneto è dello 0,41 e poi, ancora, il trend settimanale dei contagi, il numero degli operatori del contact tracing e, naturalmente, i ricoveri. «Io credo che quella di Crisanti sia stata una valutazione in buona fede» ha concluso Russo che ha spiegato d’aver inviato una lettera alle aziende sanitarie «per dare un’ulteriore stretta». La stretta ulteriore si articolerà in più tamponi anche agli asintomatici e in un allungamento dei tempi di quarantena da 14 a 21 giorni. «Più i dati migliorano, più stringiamo il cerchio, oggi rileviamo solo piccoli focolai in famiglia e in casa di riposo». In più, dalla professoressa Russo, giunge la conferma che i test diagnostici come i tamponi «rientrano appieno nei Lea e quindi sono finanziati dal sistema sanitario».
Il mondo scientifico, poi, si schiera nettamente dal lato della prudenza. Giuseppe Lippi, ordinario di Biochimica clinica a Verona e impegnato con il collega Mario Plebani sui test sierologici sbotta: «Non mi sentirei proprio di dire che è finito tutto. Parlare di contagio zero oggi con oltre 3.000 casi ancora positivi mi sembra un’informazione estremamente
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Giuseppe Lippi
Il Veneto sarà «Covid free» quando avremo in mano cinque milioni di tamponi, tanti quanti i veneti, tutti negativi
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Antonella Viola
Zero contagi «identificati» non esclude che gli asintomatici siano in circolazione, tenere la guardia alta per non sprecare il lavoro fatto fin qui
«Certo che per essere schivo e riservato, ne fa di interviste Crisanti... sta sempre sui giornali e in tivù!». È solo una battuta, per carità, detta senza alcun intento malevolo e però nei corridoi di Palazzo Balbi di ironie dette così, «solo per sdrammatizzare eh!», nei confronti del professore arrivato dall’imperial College di Londra se ne sentono parecchie, ultimamente. Il governatore Luca Zaia si è spesso dilettato in questi giorni con una citazione di Sallustio: «Il sentimento che viene dopo la gloria è l’invidia», sempre riferita a se stesso e ai sondaggi che lo danno lanciato verso Palazzo Chigi. Ora, magari quella nei confronti di Crisanti non è esattamente invidia, però è un fatto che il suo ruolo nella gestione dell’emergenza, fin qui enfatizzato a tal punto che per larga parte dell’opinione pubblica italiana è solo grazie al virologo romano che l’epidemia non è dilagata in Veneto come in Lombardia, sia oggetto di un progressivo ridimensionamento e che le sue parole, attentamente ascoltate, siano se necessario prontamente puntualizzate. A chi conosce i meccanismi del Palazzo già non era sfuggita la dettagliata ricostruzione fatta da Zaia un paio di settimane fa, quando ricordò che fu lui, e nessun altro, a decidere contro legge di fare i tamponi a tappeto dopo che il 21 febbraio si scoprirono i primi contagiati di Vo’ (Crisanti è per tutti «l’uomo dei tamponi in Veneto» e di più, colui che avrebbe convinto un recalcitrante Zaia a farli) e che fu solo il 3 marzo, e cioè dodici giorni dopo, che il professore lo chiamò, offrendo la sua collaborazione. In quello sfogo Zaia sottolineò invece l’importante ruolo avuto dalla dottoressa Francesca Russo, capo del Dipartimento di prevenzione della Regione, ancora oggi sconosciuta al grande pubblico lontano dal Veneto: «È lei la madre del piano che prevede i tamponi, l’isolamento fiduciario e insomma tutto ciò che oggi viene citato come il modello veneto» disse Zaia, ricordando che il piano risale addirittura al 31 gennaio. Non solo. Qualche giorno dopo c’è stato un altro episodio curioso, derubricato dai più come «semplice coincidenza», quando il governatore azzardò: «Se perde forza, probabilmente il virus è artificiale. Sarà la