Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
A Conegliano le Dolomiti viste dai grandi artisti
Da Ciardi a Wolf Ferrari e Bortoluzzi: ‘800 e ‘900 a Palazzo Sarcinelli
La verticalità, verso l’assoluto. Cime e vallate abbaglianti di bianco, le crode rosate della roccia, una limpida bellezza da ammirare, da vivere, da sfidare. Edward Theodore Compton (1849-1921), pittore e alpinista esperto, tedesco di origine inglese, ci mostra una Cortina sotto la neve dalla resa realistica e topografica, ma inondata di una luce impressionista; e un Paesaggio delle Dolomiti pietroso dall’aspetto fotografico. È grazie a personaggi «foresti» come lui se dalla seconda metà dell’ottocento si sviluppa il turismo e il mito delle moderne Dolomiti. Le due tele aprono l’intrigante viaggio de «Il racconto della montagna nella pittura tra Ottocento e Novecento» a Palazzo Sarcinelli, Conegliano (Treviso). Aperta da oggi all’8 dicembre (da giovedì a domenica; prenotazioni: 0438 1932123; catalogo Marsilio), la mostra, promossa dal Comune di Conegliano e da Civita Tre Venezie, interseca l’arte di una pittura di paesaggio sincera, pervasa da toni chiari, con un caleidoscopio di storie che rendono la narrazione variegata.
Una rassegna che «in un contesto trasformato dalla pandemia mondiale, diviene un invito alla ripartenza e valorizzazione culturale del nostro territorio», marca Emanuela
Bassetti, presidente di Civita Tre Venezie. Con i dipinti di Compton ecco il primo libro dedicato all’esplorazione delle Dolomiti, «The Dolomite Mountains», pubblicato nel 1864, scritto e illustrato da due viaggiatori britannici, Josiah Gilbert e George Cheetham Churchill, volume che ha fortemente contribuito a rendere queste vette di moda oltre Manica. Da questo doppio incipit parte il Grand Tour alpino costruito dai curatori della rassegna Giandomenico Romanelli e Franca Lugato, tra dipinti che seguono le correnti artistiche a cavallo dei due secoli, pubblicistica, cartografia, libri, taccuini e stampe. Dalla pennellata romantica e corposa di Giovanni Salviati, con la Marmolada e le Cime di Lavaredo che offrono virtuosismi cromatici modulati sulle variazioni atmosferiche; alle vedute «dal vero» di Sappada di Guglielmo Ciardi, che si arrampica col cavalletto affascinato dall’ebbrezza della luce alpina.
Il passaggio alla sensibilità novecentesca è scandito dalle opere di matrice simbolista, come l’ave Maria di Francesco Sartorelli, dal timbro lirico ed elegiaco; La Giuliva alba dal Grappa di Traiano Chitarin, di stampo divisionista; e Val Vescovà di Teodoro Wolf Ferrari, con i suoi colori dell’animo. È bianco-azzurro, quasi catarifrangente, il grande Monte Serva di Millo Bortoluzzi, affiancato dagli accattivanti manifesti della Collezione Salce, che restituiscono una montagna giovane e dinamica pubblicizzando Cortina e le sue manifestazioni sportive: uno spot che funziona anche in vista delle Olimpiadi del 2026 nella località ampezzana. Non solo Dolomiti venete. Il più noto cantore della montagna carnica primonovecentesca è Giovanni Napoleone Pellis. Il monumentale Viatico in montagna è la silenziosa raffigurazione di un corteo funebre nel borgo di Sauris di Sopra nella Valle dei Lumiei. Una nuova storia si inserisce, con un focus su Irene Pigatti, «pioniera dell’alpinismo al femminile, figura emblematica per il coraggio nella conquista delle vette dolomitiche». Entriamo poi nelle viscere della montagna con cinque opere che hanno per soggetto le Grotte di San Canziano di Ugo Flumiani, groviglio dai forti contrasti chiaroscurali di gallerie e caverne.
Tra le chicche dell’esposizione le Dolomiti Friulane nei deliziosi e pressoché inediti acquerelli di Napoleone Cozzi, da lui stesso commentati con spassose note. C’è spazio per un ritratto di Giuseppe Mazzotti, autore del fortunato La montagna presa in giro uscito nel 1931, che «spicca per il suo carattere umoristico-morale e di costume», sottolinea Romanelli; e per l’abate Antonio Stoppani, che ne Il Bel Paese dedica i primi capitoli all’universo delle Alpi Carniche e Dolomiti. Nel finale si va oltre i confini italiani, col croato Gabrijel Jurkic che ci regala una veduta bianca luccicante dall’originale taglio della scena che esalta tutta la spiritualità delle vette.