Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Maestri elementari senza laurea o concorso Serve una nuova legge
Nei giorni scorsi una delegazione veneta ha partecipato a Roma alla manifestazione di protesta contro la probabile mancata immissione in ruolo di circa tremila maestri solo nel Veneto ed oltre cento in Polesine. Dopo molti anni di insegnamento, i maestri elementari che non hanno una laurea o non abbiano partecipato alle apposite sezioni di abilitazione o ai concorsi, non saranno inseriti nella graduatoria ad esaurimento, utilizzata per l’assunzione in ruolo e non comprende gli insegnanti della cosidetta III fascia che rimangono «precari». Ciò sulla base di una recente sentenza dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato (27/02/2019 n. 4). Tale pronuncia ha ritenuto che il possesso del solo diploma magistrale non costituisce titolo sufficiente per l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo, specificando che il decreto legge n. 87/2018 non ha affatto riconosciuto valore abilitante «ex se» al diploma magistrale, ma anzi ha ribadito la necessità di superare un concorso per accedere ai posti di insegnamento. L’adunanza plenaria precisa che non si può non evidenziare che vi è un conflitto tra diverse categorie di docenti precari, con interessi confliggenti tra loro: da un lato, quelli titolari del solo diploma magistrale; dall’altro quelli che, oltre al diploma, hanno superato un concorso o un esame abilitante o, comunque, conseguito la laurea in Scienze della formazione. L’adunanza ha concluso: «Consentire ai primi l’accesso alle succitate graduatorie significa penalizzare i secondi: l’impatto sociale non è quindi, unilaterale, ma è bilaterale nel senso che è destinato a verificarsi qualsiasi sia la soluzione che si accolga. Non avrebbe senso allora conservare gli effetti nel tempo di una interpretazione errata (quella sul valore abilitante “ex se” del diploma magistrale)». Mi pare che tali argomentazioni siano convincenti, anche se capisco sotto il profilo umano i tanti insegnanti che corrono il rischio di restare precari od addirittura di trovarsi disoccupati. La soluzione che possa cercare di contemplare le diverse esigenze non può che dipendere da una nuova legge che ridisciplini la materia.