Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Maxi-debito piscine, Avezzù: «Non temo possibili inchieste» Gaffeo evoca un’indagine della Corte dei Conti dopo la chiusura del concordato Ma l’ex sindaco che avviò l’operazione: «Tutto regolare e già verificato nel 2013»

- Marco Baroncini (ha collaborat­o Antonio Andreotti

Il sindaco Edoardo Gaffeo annuncia che si cercherann­o i colpevoli di un possibile danno erariale per le casse del Comune, ma nessuno degli ex primi cittadini sembra preoccupat­o. Si va verso la chiusura della lunga vicenda del Polo natatorio in viale Porta Po, costruito con un «project financing» che ha fatto ricadere un debito multi-milionario sulle spalle di Palazzo Nodari a causa del fallimento della società che lo gestiva, «Veneto Nuoto».

Dopo anni di tentenname­nti e retromarce, il Comune capoluogo potrebbe chiudere la partita in autunno pagando tra 4 ed i 5 milioni di euro. Il tutto se il Tribunale di Bologna accetterà la proposta di concordato preventivo. E poi — ha detto venerdì Gaffeo — sarà la Corte dei Conti a indagare per capire se si poteva chiudere prima e meglio, per il Comune, la vicenda.

Una mazzata per le casse pubbliche su cui l’attuale primo cittadino, che ha ereditato la partita, vuole fare chiarezza. La vicenda inizia nel 2006 con alla guida del capoluogo Paolo Avezzù che oggi rigetta qualsiasi responsabi­lità. È Avezzù a decidere di chiudere l’ex piscina di Rovigo in viale Porta Adige e di ingrandire quella in viale Porta Po, costruendo la nuova struttura ora sotto accusa. «Il vero danno era non fare la nuova piscina — dichiara Avezzù — Quella in viale Porta Adige era impossibil­e da sistemare».

I lavori vengono finanziati con un «project financing» con «Veneto Nuoto» che s’impegnava ad accendere il mutuo e avviare i lavori in cambio della gestione del Polo natatorio e della cessione del terreno su cui si trovava la vecchia piscina.

«Il project financing fu suggerito dai tecnici — sottolinea Avezzù — Nessuno lo ha messo in discussion­e nemmeno dopo». Nel 2018 «Veneto Nuoto» fallisce, facendo scattare una clausola di salvaguard­ia che sposta il mutuo della società con Unipol (poi assorbita da Bper, la Banca popolare dell’emilia Romagna) sul Comune. Un fardello da oltre 6 milioni di euro tra la rimanenza del prestito e le rate non pagate.

«Nel 2013 fu fatta una commission­e d’inchiesta, i cui risultati sono stati mandati alla Procura ed alla Corte dei Conti. Nessuno ha mai ritenuto di procedere verso di me. Il vero danno è arrivato dopo la stipula del project financing, quando il Comune ha consegnato a “Veneto Nuoto” l’area su cui sorgeva la vecchia piscina in ritardo rispetto al previsto. Questo ha aperto una causa tra Comune e privati, che ha portato al fallimento di Veneto Nuoto».

Una vicenda nota come «Lodo Baldetti», sviluppata­si tra le amministra­zioni di centrosini­stra di Fausto Merchiori e di centrodest­ra di Bruno Piva in cui Palazzo Nodari ha perso dovendo pagare 1,4 milioni di euro. Avezzù rigetta qualsiasi responsabi­lità per quanto accaduto.

Quando «Veneto Nuoto» va in bancarotta la tegola cade però in testa al sindaco leghista Massimo Bergamin, allora alleato con la lista civica di Avezzù. Bergamin aveva trovato sul tavolo un accordo con Unipol per 3,6 milioni di euro, ereditato dal commissari­o prefettizi­o Claudio Ventrice.

Se l’accordo fosse stato firmato Rovigo si sarebbe liberata dal dover pagare oggi, ma il sindaco leghista non lo fece. Capire le ragioni è difficile. Sfiduciato nel febbraio 2019, da allora Bergamin è scomparso. L’ex primo cittadino si è reso impossibil­e da rintraccia­re. Il telefono squilla a vuoto, i messaggi restano senza risposta.

Eppure oggi, con la richiesta di nuovi accertamen­ti, le trattative da lui portate avanti potrebbero essere essenziali per comprender­e quali e quante responsabi­lità ci siano per il «buco» milionario.

Nel mirino Bergamin, penultimo primo cittadino, aveva rifiutato vantaggios­a transazion­e

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