Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Casalesi, serve l’interprete per le intercettazioni Prima difesa del sindaco
Al grande processo parla per la prima volta Mestre, sindaco sotto accusa per mafia
Un «interprete» del dialetto casalese per tradurre le telefonate di Luciano Donadio e sodali. Troppo stretto lo «slang» usato al cellulare dai presunti camorristi di Eraclea sotto processo in aula bunker e così l’avvocato Antonio Forza ha chiesto al tribunale di nominare non solo un perito esperto in trascrizione delle intercettazioni, ma anche una persona che sia in grado di renderle in italiano, cogliendo tutte le sfumature. I giudici decideranno la prossima udienza, ma i pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini non si sono opposti.
La questione delle intercettazioni ha tenuto banco per tutta la mattina. E a un certo punto ha preso la parola anche uno degli imputati più eccellenti, l’ex sindaco di Eraclea Mirco Mestre, accusato di voto di scambio. Il suo avvocato Emanuele Fragasso aveva infatti chiesto al tribunale di non ammettere la trascrizione di alcune intercettazioni tra Mestre, ex avvocato ora autosospeso, e Ludovico Pasqual e Antonio Pacifico, vittima e carnefice di una vicenda di estorsione. «Si tratta di telefonate svolte nel mio rapporto professionale di avvocato di Pasqual (e dunque non intercettabili, ndr)», ha spiegato Mestre, sempre presente in aula. L’avvocato Giovanni Gentilini ha invece letto una lettera di Donadio, suo cliente, per replicare al diniego dei pm di fargli avere in un dvd tutte le intercettazioni dei suoi telefoni e quelle ambientali nel suo ufficio. «La procura di Venezia ha violato la mia riservatezza per anni e ora io non posso riascoltare la mia voce - ha scritto il presunto boss - solo io posso valutare in modo efficace quello che è utile, nessuno può orientarsi nel casino generale che era la mia attività lavorativa». I pm hanno infatti replicato che l’intero compendio di intercettazioni non può uscire dalla procura, perché in mezzo ci sono anche quelle private che devono restare riservate: la soluzione è quella di andare ad ascoltare le bobine, scegliendo poi quelle da trascrivere. «Una modalità impossibile», ha detto Gentilini. «Noi non nascondiamo le prove ha replicato piccato Terzo ma rispettiamo la legge».
Nel pomeriggio sono invece stati sentiti Valentino Piezzo e Nunzio Confuorto, accusati di associazione mafiosa per essere stati dei prestanome. Piezzo ha risposto a monosillabi, dando l’impressione di essere intimorito, mentre i pm gli chiedevano come mai lui, che aveva la terza media ed era stato prima operaio del boss e poi impiegato al punto Snai del figlio Adriano Donadio, fosse diventato amministratore della Enjoy, una delle società del clan. «Mi ha costretto Luciano - ha infine ammesso - mi hanno detto che mi avrebbero reso la vita impossibile, che mi avrebbero picchiato». Ha raccontato che quando andava in banca faceva quello che gli veniva detto e che Donadio «era il padrone della Enjoy e del punto Snai» e l’avrebbe picchiato più volte «quando era nervoso». Ma ha anche detto, a domanda dell’avvocato di Donadio, Renato Alberini, che a Eraclea «non è mai esistita un’associazione». Anche Confuorto ha ammesso di essere stato un prestanome per alcune società a lui riferibili e di aver ricevuto in cambio un appartamento.