Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Benetton, i sindaci leghisti: «Aggressione senza precedenti»
Autostrade, il Carroccio rompe il silenzio
«L’aggressione politica e mediatica cui è sottoposta la famiglia Benetton è una banale e volgare caccia alle streghe che sta assumendo le caratteristiche di istigazione all’odio sociale». Così i sindaci di Treviso, Ponzano e Villorba, il triangolo dove è nata e prosperata la famiglia dei Colori Uniti, rompono il silenzio della Lega sulla vicenda Autostrade. E mentre sindacati e azionisti chiedono al governo cautele e garanzie, Mion, presidente di Edizione, avverte: «Difenderemo le aziende».
Il no-comment di Confindustria, i timori dei sindacati, gli appelli alla cautela degli azionisti di minoranza. E, a sera, l’inattesa presa di posizione dei sindaci del triangolo Ponzanotreviso-villorba, là dove è prosperata la dinastia dei Benetton (a Ponzano c’è la storica villa di famiglia, a Treviso la sede di Edizione, a Villorba gli stabilimenti inaugurati nel 1984), che rompono il silenzio che dal governatore Luca Zaia in giù si sono imposti i maggiorenti della Lega, schierandosi in difesa dei Colori Uniti: «Nel caso Atlantiaautostrade sono in gioco società ed amministratori, non le famiglie - affermano i sindaci di Ponzano Antonello Baseggio, Treviso Mario Conte e Villorba Marco Serena - È all’interno dei Cda che vanno individuate le responsabilità di chi avrebbe dovuto controllare. Una coerenza di azioni semplice che seguirebbe i principi della legalità caposaldo della nostra Costituzione a tutela di tutti coloro che hanno subito danni diretti ed indiretti. Invece ancora una volta si attacca una parte per il tutto». Per questo, proseguono i tre sindaci, «denunciamo che l’aggressione politica e mediatica cui è sottoposta la famiglia Benetton è una banale e volgare caccia alle streghe che sta assumendo le caratteristiche di istigazione all’odio sociale. I nostri territori si legano all’impegno dell’imprenditoria locale di cui la famiglia Benetton è un esempio. Un impegno che ha generato un indotto senza eguali non solo economico, ma culturale, sportivo e solidale».
Parole pronunciate a poche ore dal Consiglio dei ministri chiamato a decidere il da farsi con Autostrade per l’italia, tra indiscrezioni e smentite (convocato nel pomeriggio, è poi slittato alle 22.00). Tre le ipotesi sul tavolo: revoca tout-court della concessione, subentro di Cassa depositi e prestiti nella compagine azionaria con una quota di maggioranza, commissariamento. «Quello che è accaduto, il crollo del ponte di Genova, le vittime e le sofferenze provocate, quello che è emerso dopo la tragedia, rende comprensibile la posizione del Presidente del Consiglio - ha commentato ieri il presidente di Edizione, Gianni Mion, riferendosi alla durissima intervista rilasciata da Giuseppe Conte al Fatto Quotidiano -. È tuttavia nostro dovere difendere le due aziende, Aspi ed Atlantia, ed i loro dipendenti, finanziatori ed azionisti. Mi auguro che si possa trovare una soluzione equa nell’interesse di tutti: cittadini, lavoratori, risparmiatori ed investitori».
Comincia infatti a delinearsi in tutta la sua gravità l’effetto domino che potrebbe essere generato dalla revoca della concessione ad Autostrade per l’italia (Aspi), controllata all’88% da Atlantia, che a sua volta è partecipata al 30% da Edizione della famiglia Benetton: un default da 19 miliardi per il debito delle
” Mion
Mi auguro che si trovi una soluzione equa per tutti
” Ferrari
Si guardi al modello veneto, con gli enti locali protagonisti
due società. La maggior parte di esso è nelle mani di investitori internazionali e istituzioni finanziarie europee e italiane ma una parte del prestito, 750 milioni, è detenuto da 17 mila piccoli risparmiatori. Non solo: Aspi, accanto ad Atlantia, vede tra i soci solo il fondo cinese Silk Road, e la cordata Allianz-edf Invest e Dif. Atlantia, invece, conta circa 40 mila azionisti fra cui il fondo sovrano di Singapore GIC, la Fondazione Cassa di Risparmio di Torino e investitori istituzionali internazionali di Usa, Gran Bretagna, Francia, Germania e Australia.
Proprio ieri la Fondazione Crt ha invitato il governo a non fare scelte emotive: «Si tenga conto di tre elementi fondamentali: la credibilità dell’italia a livello internazionale, l’impatto economico e sociale sul mondo del lavoro e il valore sociale generato dalla redistribuzione delle risorse delle Fondazioni a favore degli enti non profit del territorio».
Aggiunge il segretario della Cgil Christian Ferrari: «È il momento che il governo si assuma la responsabilità di decidere. Noi chiediamo garanzie per i 20 mila lavoratori coinvolti, per la continuità aziendale a prescindere dai futuri assetti azionari, per il piano degli investimenti. E penso che questa vicenda debba far riflettere sulle privatizzazioni degli anni Novanta. Meglio il modello veneto, con gli enti locali protagonisti delle concessionarie, che reinvestono gli utili sul territorio».