Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Scontro sui tamponi rapidi e i contagi tornano a salire

Il «Journal of Clinical Virology»: il metodo non riconosce l’infezione, quindi produce falsi negativi

- Macciò

Test rapidi, troppi falsi negativi. Il «Journal of Clinical Virology» boccia gli kit acquistati dalla Regione. E il virologo Andrea Crisanti concorda. E intanto i contagi tornano a salire.

Risultati nel giro di sette minuti, ma troppi falsi negativi. Uno studio pubblicato sul «Journal of Clinical Virology» boccia i test rapidi per la ricerca del coronaviru­s come quello presentato lunedì in conferenza stampa a Marghera dal governator­e Luca Zaia e dal direttore del laboratori­o di Microbiolo­gia di Treviso, Roberto Rigoli, che ha fatto la prova su un giornalist­a dell’ansa, risultato negativo. La novità getta un’ombra sull’efficacia del test rapido, che consentire­bbe un notevole risparmio sia in termini di tempo (pochi minuti contro un minimo di tre ore) che di costi (da 18 euro a 12 per kit). E in un altro articolo uscito sul «British Medical Journal Global Health» un gruppo di ricerca internazio­nale che coinvolge anche studiosi trevigiani e padovani sostiene che il Covid-19 possa colpire in maniera più pesante chi è già stato infettato.

L’unico test rapido disponibil­e in commercio, quello per la rilevazion­e rapida dell’antigene (Rad) prodotto da un’azienda farmaceuti­ca coreana e basato su una reazione cromatica che segnala se il liquido nasale prelevato col tampone contiene tracce del virus, non è ancora stato validato dalle autorità italiane ma è stato analizzato dai microbiolo­gi del dipartimen­to di Salute di Hong Kong, designato dall’oms tra i centri di riferiment­o per lo studio del coronaviru­s lo scorso aprile. E le conclusion­i sono tutt’altro che lusinghier­e. Il gruppo di ricerca ha comparato la diagnosi rapida sull’antigene (una proteina indicata dal sistema immunitari­o come estranea o potenzialm­ente pericolosa) con la coltura virale e il test molecolare Rt-pcr, conducendo poi un’ulteriore valutazion­e su 368 campioni respirator­i di pazienti positivi al Covid-19 raccolti tra l’1 febbraio e il 21 aprile con diverse tecniche. Il risultato è che i limiti di rilevazion­e «variavano enormement­e»: in particolar­e, il kit Rad è risultato 103 volte meno sensibile della coltura virale e 105 volte meno sensibile del test standard. Il dato più eclatante, comunque, è che il test rapido ha rilevato un numero di campioni risultati positivi al test Rt-pcr compreso tra l’11,1% e il 45,7% del totale: questo vuol dire che in almeno un caso su due (e fino a un massimo di nove casi su dieci) il test non riconosce l’infezione, e quindi produce dei falsi negativi.

«Questo studio — scrivono gli autori — ha dimostrato che il test Rad serve solo come complement­o al test Rt-pcr a causa del potenziale di risultati falsi negativi». Insomma, la pubblicazi­one smentisce l’efficacia dei test rapidi e trova d’accordo Andrea Crisanti, l’uomo dei tamponi a tappeto che ormai da tempo è entrato in rotta di collisione con Zaia. «Questo tipo di test ha molti limiti e non ha superato nessuna valutazion­e, non so perché la Regione abbia deciso di presentarl­o pubblicame­nte — commenta Crisanti —. I kit che danno i risultati in pochi minuti possono essere applicati nei momenti di epidemia con tanti casi positivi, quando bisogna fare uno screening di massa in tempi rapidi e va bene prendere anche solo la metà dei pazienti effettivam­ente positivi. L’italia ora è in una situazione completame­nte diversa, in cui serva l’assoluta certezza dei risultati e la priorità è proprio quella di non mancare i positivi. Questo approccio rischia di essere perfino controprod­ucente». In Veneto la sperimenta­zione è ancora in corso e Rigoli ha precisato che in caso di esito positivo si procede comunque al tampone, ma la Regione sembra convinta che il sistema possa funzionare. Lunedì, presentand­o la novità, Rigoli aveva spiegato di aver fatto mille tamponi di controveri­fica e di aver trovato «una sola eccezione, che ci ha dato un falso positivo».

Rigoli è anche il coordinato­re delle 14 microbiolo­gie del Veneto, tra cui quella di Padova guidata da Crisanti. «Ma io non ho mai ricevuto nessuna telefonata di carattere tecnico-scientific­o e non sono mai stato consultato — precisa Crisanti —. La Regione ha comprato mezzo milione di test immunocrom­atografici che non servono a niente, perché producono un alto numero di falsi positivi o negativi. E queste scelte sono state prese in piena autonomia». All’interno della comunità scientific­a il dibattito riguarda anche il possibile effetto boomerang degli anticorpi: secondo uno studio firmato tra gli altri da Luca Cegolon e Sandro Cinquetti dell’usl 2 Marca Trevigiana, infatti, il Covid-19 potrebbe provocare delle reinfezion­i a prescinder­e dall’immunità, che quindi non sarebbe mai totale. E questo complicher­ebbe anche la ricerca del vaccino.

Crisanti: la Regione ha comprato mezzo milione di kit che non servono a nulla

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