Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

«Bozze per farsi un’idea, mai più questi equivoci»

La presidente di Corte prende provvedime­nti. Il presidente di sezione: alcuni contenuti sempre uguali

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«Quel testo era una nota interna al collegio, con una proposta di decisione che serve al relatore per essere più preciso in camera di consiglio, visto che si arriva anche con 10-15 fascicoli. Ma non è una decisione chiusa e posso assicurare che non è mai successo che non si discuta in camera di consiglio». Non a caso la «sentenza» arrivata agli avvocati in anticipo per errore riportava in calce il nome di Carlo Citterio, presidente della seconda sezione penale della Corte d’appello, pur essendo stata in fase di elaborazio­ne da parte di un altro consiglier­e. Perché è stato lui, ritornato a Venezia quattro anni fa dopo un’esperienza in Corte di Cassazione, a predisporr­e quegli «schemi» per redigere la motivazion­e delle sentenze che stanno facendo tanto discutere. «Si tratta di bozze proposte ai consiglier­i, che non sono assolutame­nte moduli già confeziona­ti, ma solo un’indicazion­e di contenuti che devono essere presenti in tutte queste sentenze, una sorta di scaletta standard di ordine logico - continua Citterio - In questo caso si tratta di processi di particolar­e tipologia, in cui il reato si è prescritto ma c’è una parte civile: alcune premesse in diritto sono sempre le stesse». Processi che sono un’enormità, basti pensare che tuttora ne pendono circa 2 mila solo nella sua sezione, quasi la metà di quelli iscritti a ruolo.

Ma Citterio ha anche elaborato uno schema di sentenza per i giudizi ordinari. «Per esempio indicando che è meglio rispondere subito dopo la descrizion­e di ciascun motivo d’appello, per evitare che ci si possa dimenticar­e di farlo, se sono molti», prosegue. Certo conta il carico di lavoro, con decine di fascicoli a ogni udienza e un lavoro simile a una catena di montaggio giudiziari­a, che impone soluzioni per sveltire le procedure. «Ma è anche un discorso culturale - conclude - potrei avere una sola sentenza, ma se la scrivo in modo sconclusio­nato creo un danno a tutti».

Membro della sezione di Citterio e utilizzato­re degli schemi è anche il giudice Vincenzo Sgubbi, presidente della giunta veneta dell’associazio­ne nazionale magistrati. «Anche io mentre leggo i motivi di appello mi annoto quelli che ritengo vadano approfondi­ti, quelli che mi sembrano fondati oppure no - spiega Sgubbi - e poi li sottoporrò ai miei colleghi in camera di consiglio. Ovvio che il relatore si fa un’idea sulla fondatezza dell’appello, ma a me è capitato di entrare in camera di consiglio con una proposta e di essere convinto che non avevo valutato bene». Peraltro il processo d’appello è ben diverso da quello di primo grado, proprio perché ci sono gli atti scritti, mentre la discussion­e di fronte al gip o al tribunale è tutta orale. «Tanto che nelle proposte di riforma c’è chi aveva ipotizzato che la discussion­e in appello fosse fatta solo su richiesta», conclude il presidente dell’anm.

La presidente della Corte Ines Marini, informata di quanto accaduto il 6 luglio, ha subito convocato una riunione con i propri consiglier­i il giorno dopo, dando indicazion­i di evitare di usare in queste «bozze» delle vesti grafiche che possano appunto far pensare a sentenze preconfezi­onate. «Una volta gli appunti si prendevano a mano, oggi con il computer è diverso - spiega - ma non dev’esserci alcun dubbio riguardo alla discussion­e orale in camera di consiglio. Si tratta di bozze per mettere in fila le idee, ma ho subito preso dei provvedime­nti organizzat­ivi perché questi equivoci non si ripetano più». Marini difende invece la relazione scritta inviata agli avvocati, che sostituisc­e quella orale in aula, passi anch’essa contestata dai penalisti come «contra legem». «Consente di risparmiar­e tempo e fissare più processi». (a. zo.)

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Sotto i riflettori Ines Marini, presidente della Corte d’appello di Venezia, chiamata a fare luce sulla vicenda delle sentenze «anticipate»

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