Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
L’ex Bankitalia: «Azioni sopravvalutate»
Dopo una carriera trentennale in Bankitalia tra Londra, Parigi e New York, nel 2013 Gianandrea Falchi viene ingaggiato dall’allora presidente Gianni Zonin e diventa consulente di Bpvi per gli «affari internazionali». Quella che, dice oggi, «mi sembrava una sfida professionale interessante». Le magagne, che già c’erano, emersero nel 2015, con gli ispettori Bce nel quartier generale di via
Framarin. E allora iniziò «il periodo della caccia alle streghe, in cui si respirava un clima difficile e persone stimate come il vicedirettore Emanuele Giustini erano messe al bando, isolate», racconta l’ex funzionario, ammettendo: «Allora cominciai a vedere che non tutto era bello e roseo». Un caso, quello di Falchi, di «porte girevoli» dal pubblico al privato. Sentito ieri in aula come testimone nel maxi processo per il crac Bpvi e precisato di non avere mai svolto attività ispettiva, Falchi ha ammesso che l’unica nota negativa che aveva appreso dai colleghi ispettori di Bankitalia riguardava le azioni Bpvi: «Erano sopravvalutate (62,5 euro il valore nominale, ndr), come del resto accadeva in tutte le Popolari, ma Vicenza era vista come una banca in crescita, se mi avessero detto che aveva problemi ed era gestita male non ci sarei andato», ha chiosato.
Le azioni, appunto. Quelle quotate in modo eccessivo. «Una svalutazione dei titoli sarebbe stata vista bene ma non tutti erano convinti di questa opportunità, il presidente Zonin, con cui ne avevo parlato, non era contrario alla svalutazione, l’ex Ad Sorato sì, anche nelle dimensioni» racconta Falchi, tono pacato, ritornando all’aprile 2015. Allora il valore del titolo venne «sgonfiato» da 62,5 a 48 euro. Di lì a poco Bce informava Zonin di quanto emerso, «ed era molto preoccupato», tanto che si parlò della sostituzione di Sorato. «Ma nessuno - ha detto Falchi in aula - mi aveva sollevato il problema delle baciate». (b.c.)