Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Scattano i test primi prof in quarantena
In 16 hanno avuto il Covid, ora i tamponi
Dai primi test sul personale scolastico sono emersi 16 soggetti con anticorpi anti Covid-19, che dovranno ora essere sottoposti a tampone di conferma. Per ora sono in quarantena: 10 a Padova, due a Treviso, quattro a Conegliano.
Nemmeno il tempo di iniziare i test sierologici su insegnanti e personale non docente delle scuole venete, dall’asilo alle superiori e ai centri professionali (in tutto 96mila persone), che già le Usl rilevano i primi 16 operatori con gli anticorpi al Covid-19. I primi dieci li ha scovati a Padova l’usl Euganea e per sapere se siano davvero stati contagiati bisognerà aspettare il tampone di conferma. Al momento l’unica certezza è che nessuno di loro sapeva di essere venuto a contatto con il coronavirus. Si tratta dei primi risultati dello screening su base volontaria a cui si stanno sottoponendo 18mila dipendenti padovani della scuola, in vista della prima campanella che suonerà il 14 settembre. Lunedì in 394 hanno affrontato il test sierologico «pungi-dito» sui 418 che si erano prenotati: in dieci, pari al 2,5%, sono stati appunto riscontrati gli anticorpi, a dimostrazione che negli ultimi mesi sono entrati in contatto con il Covid-19, ma sono asintomatici. Nessuno ha avuto alcuna avvisaglia della malattia e per tutti è scattata la quarantena preventiva in attesa del tampone previsto oggi, che dirà se siano ancora positivi o se si siano negativizzati. Fino al 4 settembre 2mila operatori scolastici hanno preso appuntamento per il test nei cinque punti di raccolta dell’usl 6 Euganea.
Gli altri sei soggetti con anticorpi li segnala l’usl Marca Trevigiana: due a Treviso e quattro a Conegliano. Anche loro sono stati richiamati per effettuare il tampone e intanto sono in isolamento domiciliare. Alcuni casi sono emersi anche tra Vicenza e Bassano, le cui rispettive Usl preferiscobase». no comunicare l’esito del tampone tra 48 ore. Lo stesso vale per l’usl Polesana, il cui direttore generale Antonio Compostella avverte: «Il vero stress test per il sistema è proprio lo screening sul personale scolastico, che da noi coinvolge mille persone, esaminate in collaborazione con i medici di Pure a Verona saranno i medici di famiglia a effettuare il test sierologico su 10mila insegnanti e 2.700 lavoratori Ata.
Intanto ieri si sono piante nove vittime, tutte anziane (la più «giovane» aveva 87 anni), otto delle quali morte non in ospedale, ma in casa di riposo
e altre strutture. Inoltre, precisa la Regione, non tutti i decessi sono avvenuti nelle ultime 24 ore. Fatto sta che ora sono 2116. Si contano poi altri 121 contagi, per un totale di 22.255, mentre i ricoveri restano 131 in reparto e 8 (+1) in Terapia intensiva. In quarantena ci sono 6076 persone. Un quadro che, stando alle elaborazioni della Fondazione Gimbe, riporta il Veneto in area rossa e, per la prima volta dall’inizio della pandemia, le attribuisce il 9,1% dei casi italiani contro l’8% detenuto finora. «Ma i sintomatici sono il 3,9% — ha ripetuto il governatore Luca Zaia — i nostri ospedali non sono affollati da pazienti Covid, anzi».
Sempre ieri la giunta Zaia, con due provvedimenti, ha deliberato un aiuto prezioso per le case di riposo e i centri diurni per anziani (in tutto 346 strutture), in difficoltà a causa del crollo di ospiti, del blocco di nuovi ingressi e del conseguente calo degli introiti. Aggravato dai maggiori oneri di prevenzione, sanificazione e strutturali dettati dalle misure di contenimento dell’epidemia. E’ stato deliberato in via straordinaria un contributo a parziale compensazione delle perdite di fatturato subite rispetto al 2019. E’ una sorta di «bonus Covid»: se il fatturato della quota sanitaria 2020 è compreso tra l’85% e il 95% di quello 2019, viene riconosciuta un’integrazione fino al 95% dei valori 2019; se il fatturato 2020 è inferiore all’85% di quello 2019, la Regione eroga un’integrazione del 10%.
Il secondo provvedimento stanzia invece 21.734.000 euro, pari al 4,1% dei 515 milioni di euro previsti per l’assistenza residenziale ai non autosufficienti, per una nuova quota sanitaria di accesso del valore di 30 euro pro capite. La misura, sperimentale, punta a facilitare lo scorrimento delle graduatorie e a rendere più sopportabili i costi alle famiglie con un parente non autosufficiente in attesa di accoglienza in casa di riposo o già ospite ma ancora privo di impegnativa sanitaria. «Quasi la metà delle strutture residenziali, sia pubbliche che private, faticherà ad arrivare al pareggio di bilancio — spiega Manuela Lanzarin, assessore a Sanità e Sociale —. Per il sistema socio-assistenziale è una crisi grave e imprevista, che rischia di minare la sostenibilità economica della rete e di avere pesanti ripercussioni sul piano sociale. Perciò siamo intervenuti».