Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Due detenuti su un tetto per protesta In carcere rischio evasione rientrato
Situazione risolta con la mediazione del magistrato di sorveglianza
Condizioni del carcere inaccettabili e richiesta di trasferimento per un egiziano sulla trentina, volontà di andare ai domiciliari per un italiano sulla cinquantina. Questi i motivi che ieri, verso le 13, hanno spinto due detenuti a Rovigo entrambi con condanna definitiva, l’italiano per reati contro il patrimonio e l’egiziano per spaccio, a salire sul tetto di una struttura interna per la prima protesta di questo tipo nella Casa circondariale inaugurata quattro anni e mezzo fa.
I due sono saliti su una rete metallica e si sono arrampicati fino al solaio della struttura, alta circa 8 metri e poco distante dal muro di cinta che guarda la Tangenziale. L’iniziativa non ha attecchito con gli altri detenuti, rimasti nelle loro celle ma a protestare sbattendo oggetti sulle sbarre e urlando perché i due detenuti li avrebbe privati dell’ora d’aria. Sul posto personale della Questura e dei carabinieri, a presidiare ogni lato del carcere per scongiurare tentazioni di evasione. I due avrebbero minacciato di gettarsi giù se il magistrato di Sorveglianza di Padova non fosse arrivato a Rovigo a sentirli. Richiesta esaudita con l’arrivo del giudice che ha avviato una mediazione proseguita fino alle 17.30 ovvero quando sono intervenuti con una gru i vigili del fuoco.
I due detenuti hanno cessato la protesta e sono scesi, continuando a interloquire col magistrato. La loro posizione è ora al vaglio del Pm di turno Sabrina Duò, ma da parte dei due non risulterebbe violenza o di resistenza a pubblici ufficiali.
Sull’accaduto il coordinatore regionale degli agenti penitenziari della Cgil, Gianpietro Pegoraro. «L’episodio mostra il fallimento di tutto il sistema penitenziario — spiega — Bisogna ripartire da dove aveva lasciato l’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando, che con la sua riforma allargava i benefici per i detenuti, ad esempio con le misure alternative al carcere».