Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
I prof e la paura del virus «Se non c’è il certificato si deve andare in classe» Il nodo dei famigliari
L’immunologa Viola: buonsenso e coraggio
Come si comporteranno i presidi, ossia i «datori di lavoro» degli insegnanti, longa manus del ministero dell’istruzione sul territorio, con i docenti che chiedono di non rientrare a scuola perché spaventati dal covid? Pur con tutta la sensibilità e l’attenzione del caso, non potranno che attenersi alle norme che, sul punto, sono chiare: il lavoratore «fragile» è indicato come tale dal medico di riferimento della scuola. Dunque, senza certificazione ci si deve presentare a scuola. Viceversa, sarà possibile concordare con il dirigente scolastico modalità specifiche di lavoro tali da minimizzare il pericolo, se necessario fino alla didattica a distanza.
Lo spiega Armando Tivelli, presidente dell’associazione presidi del Veneto e dirigente del Polo tecnico di Adria: «Di questi tempi le novità sono quotidiane e non mi sento di escludere ci possano essere cambiamenti nei prossimi giorni, ma al momento non ci sono arrivate dal ministero indicazioni diverse d a quanto si è sempre fatto: il lavoratore, sia esso un docente o un amministrativo, che ritiene di aver diritto ad un trattamento diversificato rispetto ai colleghi per motivi di salute si rivolge al medico di riferimento della scuola e chiede di essere riconosciuto come “lavoratore fragile”. Se ciò avviene, si valutano caso per caso le modalità più corrette di intervento. Non può essere il preside a stabilire se un collega può o non può venire a scuola. Su che basi lo potrebbe fare?».
Va risolto il tema delle fragilità de relato, ossia il docente che non è a rischio di per sé, ma vive con persone a rischio, come un anziano genitore o un congiunto immunodepresso. «Il tema non è semplice - ammette Tivelli - perché de relato in relato non finiamo più e in ultima istanza saremo costretti a escludere chiunque».
D’accordo l’immunologa Antonella Viola: «I docenti fanno bene a pretendere di essere tutelati e vanno messi nelle condizioni di svolgere in sicurezza il loro lavoro, dopo di che, come sempre, ci vuole il buonsenso perché non possiamo pensare di restare tutti a casa per mesi. È vero che l’insegnante rischia più di altri, perché lavora in ambienti chiusi, a contatto con molte persone e magari classi sempre diverse, ma il pericolo di contagio varia enormemente a seconda che si adottino o meno le misure di prevenzione stabilite. Con il giusto distanziamento e le mascherine credo si possa fare uno sforzo, serve un’esortazione al coraggio».
Che non manca affatto, a detta di Maria Antonia Piva, dirigente del Liceo Duca degli Abruzzi di Treviso: «Il personale della scuola sta affrontando l’emergenza sanitaria con grande professionalità e di più, direi in modo eroico. Purtroppo spesso viene banalizzata come “confusione” la soluzione a problemi complessi che non si risolvono dall’oggi al domani, soprattutto se, come il caso degli spazi, sono risalenti e non sono mai stati affrontati negli anni. Da quanto sentiamo parlare delle “classi pollaio”? La scuola ha bisogno di serenità e protezione, non di polemiche e scontri continui. Il tema dei docenti che chiedono l’esonero esiste, ma quanti saranno? Il parallelo più semplice e immediato è con gli esami di Stato: in quell’occasione furono pochissimi e comunque diedero tutti disponibilità alla didattica a distanza». Piva, insomma, respinge le critiche di quanti, specie sui social network, accusano gli insegnanti di volersi sottrarre al lavoro: «La fragilità legata al covid discende dallo stato di emergenza, che scade il 19 ottobre. Dunque, salvo rinnovi da parte del governo, parliamo di un periodo limitato. Diverso è se un docente vuole farsi dichiarare “inabile al lavoro”, nel qual caso dovrà intervenire la commissione regionale, ma questa è tutta un’altra storia».
Ribadisce Roberto Fattore, dirigente del Liceo Maffei di Verona: «È giusto che si ponga il problema, ma non in modo malevolo. Se un insegnante otterrà il riconoscimento della fragilità si adotteranno le misure conseguenti, che potrebbero anche limitarsi all’uso di visiere e schermi protettivi o all’aumento del distanziamento. Dobbiamo lavorare insieme, perché qui si tratta di rifondare le regole della scuola dal principio».