Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Spaccio rivelato dai droni: in fila anche famiglie
Spacciavano eroina e cocaina tra le spiagge e le piazze, ma sono stati presi grazie ad agenti infiltrati e droni. Tra gli acquirenti anche famiglie con i figli. Subito rilasciati i 12 spacciatori nigeriani.
Doveva essere una serata di festa, un Ferragosto in compagnia degli amici ma quel 15 agosto 2012 è iniziato un incubo, fatto di visite mediche, fisioterapie e battaglie legali. Ma, a otto anni dalla caduta sulla pista da ballo della Casa di Caccia a Monastier nel Trevigiano, la 64enne mestrina ha vinto il ricorso in tribunale e ora la società che gestisce il locale dovrà risarcirla con 40mila euro. Per vincere la sua battaglia, la donna si è fatta assistere da Studio 3A. Perché di battaglia legale si è trattato, iniziata la notte di Ferragosto del 2012.
Quella sera la 64enne aveva raggiunto il locale di Monastier per festeggiare con alcuni amici. Mentre stava ballando su una delle piste della struttura però, è scivolata su una chiazza di liquido, verosimilmente un drink rovesciato da un altro cliente. Una caduta rovinosa, la donna si è fratturata il polso destro e il quinto metatarso del piede destro, con tutte le conseguenze del caso: gesso, lunga inattività, visite mediche, fisioterapia e un’invalidità permanente dell’11 per cento come accertato dal consulente tecnico, un medico legale nominato dal giudice.
E se tutta la trafila sanitaria non bastasse, la donna è stata costretta ad avviare un’azione legale contro la Gicar, la società che appunto gestisce la Casa di Caccia, assistita da Daniela Vivian di Studio3a-valore
S.P.A., che ha tentato di tutto per trovare un accordo stragiudiziale con i titolari del locale che però hanno frapposto un muro. Così la donna assistita dall’avvocato Andrea Piccoli ha citato la discoteca. E il 3 luglio 2020 il giudice, Daniela Ronzani, ha emesso la sentenza dando ragione piena alla danneggiata.
«Il giudice ha rigettato le ricostruzioni “alternative” della controparte – spiegano da Studio 3A - secondo cui la 64enne sarebbe caduta da una cassa acustica su cui era salita per ballare, avvalorando invece la versione della ricorrente, corroborata da numerosi testimoni, tutti concordi nel dichiarare che era scivolata in pista a causa della chiazza di liquido. Senza che, come rileva la sentenza, fosse stata apposta alcuna indicazione da parte dei gestori a segnalare la situazione di pericolo».
La difesa del locale aveva inoltre presentato un’eccezione, rigettata tuttavia dal giudice, sul tipo di calzatura indossata dalla donna e cioè dei sandali con zeppa, che, secondo i gestori sarebbero stati inadatti al ballo e quindi potenzialmente pericolosi. Confermata la dinamica dei fatti esposta dalla donna, il giudice ha stabilito che non ci sono dubbi sulla responsabilità della Gicar nell’incidente accaduto alla 64enne. E ha quindi determinato in 40mila il risarcimento per danno biologico e patrimoniale.