Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Sopravvive 5 ore in balia dell’adige
Vigile del fuoco trascinato dalla corrente dopo il tentativo di salvare un suicida. «Ho fatto solo il mio lavoro»
Nelle ore che hanno preceduto la piena, quando le acque dell’adige facevano già paura e sfioravano i ponti, a Verona si è temuto per quattro vite. Quella di un giovane di 24 anni, gettatosi da Ponte Pietra con un gesto disperato, quella di due poliziotti, e quella di un vigile del fuoco, che, dopo il salvataggio, è rimasto prigioniero del fiume per cinque ore, venendo trasportato per 16 chilometri dalla corrente.
Le speranze di ritrovare il giovane ancora vivo stanno svanendo con il passare del tempo: a ieri sera, nonostante la ricerca con i droni e con l’elicottero, di lui non c’era nessuna traccia. L’allarme è arrivato alle 21,30, quando un medico della Croce Rossa, in servizio al Teatro Romano, dove ieri c’era un appuntamento del Festival della Bellezza, si è accorto che sul vicino Ponte Pietra c’era un ragazzo appoggiato al parapetto, che ripeteva urlando: «Non voglio più vivere». Poco dopo si è gettato: sono stati due agenti di polizia a tentare, per primi, di soccorrerlo. Poco più a valle, all’altezza di Ponte Navi, si sono aggrappati a un ramo, tentando di riportarlo a riva. Nel frattempo, era arrivata anche una squadra dei vigili del fuoco. Uno di loro si è calato nel fiume, ha avvicinato il ragazzo, lo ha portato verso quell’approdo. Sembrava fatta. Ma il ramo si è spezzato e sia il giovane, sia il sommozzatore, sia uno dei due poliziotti, sono stati portati via dalla corrente.
Il poliziotto è riuscito a mettersi in salvo qualche centinaio di metri dopo. Il ragazzo, invece, è scomparso tra i flutti, mentre il vigile del fuoco è stato individuato, dopo lunghe ricerche, chilometri e chilometri più in là, all’altezza della cittadina Zevio. Lì è riuscito ad ancorarsi, permettendo così ai colleghi di recuperarlo.
Se si è salvato, è solo grazie alla sua lucidità al suo addestramento, che gli hanno permesso di tagliare l’idrotuta, parte dell’equipaggiamento con cui i pompieri sommozzatori si calano in acqua, più versatile delle mute ma che si riempie più facilmente di liquidi. In questo modo l’ha alleggerita ed è riuscito a rimanere sempre con la testa in superficie. Nel suo lungo tragitto lungo l’adige è riuscito a passare, indenne, due dighe.
Quando l’hanno portato in salvo, era in condizioni di grave ipotermia ma è riuscito a stabilirsi dopo una notte di ricovero a Borgo Trento.
A Danilo Marino, questo il nome del vigile del fuoco originario di Formia, sposato con due figli, da anni in servizio a Verona, sono arrivati i ringraziamenti del ministro bellunese Federico d’incà e del sottosegretario all’interno, Carlo Sibilia.
Ai colleghi ha rivolto, provato, poche parole: «Stavo pensando solo a fare il mio lavoro», dicendosi dispiaciuto per non essere riuscito a salvare la giovane vita.
Le operazioni di recupero sono state complicate da un secondo allarme, arrivato attorno alle 23,30, all’altezza di Porto San Pancrazio, poco fuori Verona: un punto in cui Marino è passato ieri, presumibilmente attorno a quell’ora. Qualcuno ha detto di aver visto una persona finire in acqua: sono scattate le ricerche coi gommoni, ma senz’esito. Ora sull’attendibilità di questa segnalazione, ci sono dei dubbi: sta cercando di chiarire tutto la questura.