Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Livatino, permesso premio al mandante

Detenuto a Padova. La decisione a pochi giorni dal trentennal­e dell’assassinio del giudice

- Polese

Giuseppe Montanti, 64 anni, condannato all’ergastolo come mandante per l’omicidio del giudice Rosario Livatino, ha usufruito di 9 ore di permesso per parlare sia al telefono che in presenza, con i suoi famigliari. La decisione del tribunale di Sorveglian­za a pochi giorni dal trentennal­e dell’assassinio del magistrato. Montanti negli ultimi cinque anni aveva partecipat­o alle riunioni di Ristretti Orizzonti, il giornale al quale lavorano i detenuti all’interno del carcere Due Palazzi.

Negli ultimi cinque anni aveva partecipat­o alle riunioni di Ristretti Orizzonti, il giornale al quale lavorano i detenuti all’interno del carcere Due Palazzi, il comportame­nto era stato buono e in vent’anni non aveva mai visto nessuno della sua famiglia. Due giorni fa Giuseppe Montanti, 64 anni, condannato all’ergastolo per l’omicidio del giudice Rosario Livatino, ha usufruito di 9 ore di permesso per parlare sia al telefono che in presenza, con i suoi famigliari che vivono in parte in Messico e in parte in Germania.

Il permesso è stato concesso dal tribunale di Sorveglian­za di Padova, visto che Montanti si trova al Due Palazzi a scontare la sua pena.

Durante le sue nove ore libere, è andato in una struttura messa a disposizio­ne dalla cooperativ­a Piccoli Passi di Padova, che gestisce una casa dove i detenuti che non dispongono di un’abitazione possono incontrare le famiglie. Montanti ha parte dei parenti in Messico, dov’era stato arrestato nel 1999, e una parte in Germania. Il permesso premio arriva in concomitan­za con il trentennal­e dell’uccisione del giudice Rosario Livatino, «il giudice ragazzino» barbaramen­te ammazzato a colpi di arma da fuoco ad Agrigento il 21 settembre del 1990, mentre con la sua auto e senza scorta si stava recando in tribunale. A commettere l’omicidio furono i sicari della «stidda», organizzaz­ione criminale mafiosa che all’epoca si contrappon­eva a Cosa Nostra. Il nome di Montanti venne fatto da un pentito, nel 1999 arrivò la condanna definitiva all’ergastolo: la giustizia italiana lo ha riconosciu­to come uno dei mandanti. Venne arrestato in Messico dopo un periodo di latitanza.

A riportare il fascicolo carcerario di Montanti sul tavolo del tribunale di Sorveglian­za è stata anche una sentenza della Consulta, che ha giudicato incostituz­ionale non concedere mai permessi premio ai condannati anche per reati efferati, o di mafia. Si chiamano reati «ostativi», perché per queste persone non c’è una rivalutazi­one al fine del permesso premio. O almeno non c’è mai stata fino a quando la Corte costituzio­nale non ha stabilito che si tratta di un divieto illegittim­o. «Anche il Papa ha detto che una pena definitiva che non conceda speranza è come una condanna a morte – spiega Ornella Favero, “anima” di Ristretti Orizzonti che conosce bene Montanti – lo Stato in questo modo dimostra di essere migliore delle persone che commettono reati atroci. Tutti noi che abbiamo lavorato in carcere abbiamo visto come le persone cambino anche con il contatto con la famiglia. Spesso lo fanno per i figli, per le mogli: è ingiusto non dare anche a loro questa possibilit­à».

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