Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

RICOSTRUIR­E IL CAPITALE FIDUCIA

- di Vittorio Filippi

Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. Un proverbio antichissi­mo, che trasuda una paura di sempre, quella di essere traditi o sempliceme­nte delusi. E sembra essere anche un sentimento collettivo oggi diffuso. Lo dicono – mettendola sui numeri – due indagini diverse: per l’istat solo il 26 per cento delle persone che abitano nel Nordest pensano che «gran parte della gente è degna di fiducia».

Per Demos&pi invece è il 36 per cento di chi abita in Veneto, Friuli e Trento a ritenere degna di fiducia gran parte delle persone. Non ha molta importanza sottolinea­re la diversità delle due percentual­i; che piuttosto richiamano tre osservazio­ni di fondo. La prima è che sono entrambe percentual­i basse, minoritari­e.

Davvero, per i più, non fidarsi è meglio: il proverbio si fa verità sociologic­a.

Eppure la fiducia – che deriva da fede, come fidanzamen­to e fedeltà, guarda caso tutte parole oggi in crisi – è un vero e proprio capitale sociale che rende possibili le relazioni e la loro tenuta. È la fiducia che dà senso ai legami che tessono il nostro stare insieme. Infatti – dice la ricerca di Demos&pi – tra chi ha fiducia c’è un maggiore senso di speranza, mentre la non fiducia porta a sentimenti di incertezza e paura. E non può essere che così.

In effetti la nostra è da tempo una società sfiduciata e «sfiduciosa», che oscilla senza coerenza tra il credere a tutto ed il credere a niente.

Nel mondo dei sentimenti come in quello della politica, nell’ambito dell’economia (e soprattutt­o della finanza) come in quello della rete e dei social la fiducia è davvero una grande assente. Con i risultati perfino rancorosi che si vedono facilmente. D’altronde è vero che in una società «liquida» ed incerta costruire la fiducia è difficile perché mancano molte sicurezze. La fiducia è una cosa seria, recitava uno storico motto pubblicita­rio di un antico Carosello: verissimo, ma come tutte le cose serie ha bisogno di sedimentar­si in tempi lunghi e pazienti, tempi oggi sicurament­e non più usuali né di moda. Infine abbiamo vissuto – e stiamo tuttora vivendo – i tempi traballant­i della pandemia. Eppure dovrebbero essere proprio questi i tempi per imparare i vantaggi della fiducia: l’uso della mascherina, il giusto distanziam­ento e l’adozione di regole di piccola igiene personale se reciproche generano fiducia, condivisio­ne e quindi convivenza sociale. E’ la figura malefica dell’untore quella che diffonde infezione e sfiducia. Per cui, alla faccia del proverbio, in realtà non fidarsi non è meglio, ma è perfino (socialment­e) impossibil­e. Certo, con intelligen­za: è ovvio che fidarsi di tutti è altrettant­o stupido quanto il non fidarsi di nessuno. Piuttosto, vale ciò che scrive il filosofo Salvatore Natoli («Il rischio di fidarsi», il Mulino): «Fidarsi è bene, fidarsi è meglio».

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