Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Turismo, la battaglia d’inverno
In estate fatturati crollati del 70%. Prenotazioni dimezzate per Natale in montagna
Bilancio duro per città d’arte, lago e terme. A Jesolo settembre è andato meglio del 2019. A Cortina albergatori pronti per dicembre. Ma per Natale prenotazioni dimezzate.
La svolta d’autunno non basta. Dopo un’estate da incubo con «siccità» di visitatori e fatturati a picco, gli alberghi veneti restano nell’incertezza: la timida ripresa di settembre non ha controbilanciato un’annata di perdite. Mentre l’altra stagione turistica, quella invernale, resta appesa al filo della fiducia che i dati sui contagi non subiscano una nuova impennata. Secondo le misurazioni diffuse da Federalberghi Veneto, il virus ha fatto finire in terapia intensiva gli hotel un po’ ovunque. In primis nelle città d’arte: i fatturati a Venezia, Verona, Padova, Treviso e Vicenza, in media, si sono contratti del 75% rispetto al 2019. Nonostante qualche miglioramento a settembre, il mercato soffre la mancanza dei visitatori esteri. A nulla è valsa la tenue ripresa d’agosto sul lago di Garda, a picco con una perdita media del 55% rispetto all’anno scorso.
Nelle tradizionali località di montagna c’è poco da stare allegri: le Dolomiti e Cortina pagano l’assenza degli strato nieri con un calo medio degli incassi attorno al 60%. Fatturati dimezzati anche nei centri turistici di mare, come Jesolo (- 45%) e Bibione (50%), zavorrati dalle presenze tardive, e nelle località termali di Abano e Montegrotto, passate dall’azzeramento delle attività fino a maggio al 40% di perdite di agosto. Ma sul litorale veneziano l’aria d’autunno ha riservato qualche sorpresa: a Jesolo, ad esempio, dove nell’anno della pandemia il mese di settembre ha fatto registrare numeri migliori dello stesso mese del 2019. La crescita media dei fatturati è vicina all’8%: un miracolo dovuto sia all’onda lunga del turismo di prossimità sia ai ritorni dei clienti stranieri. Intanto l’istria chiede a Veneto e Friuli ad allentare i controlli di confine e gli obblighi di tampone previsti per il resto della Croazia, per semplificare gli spostamenti.
I gestori degli hotel lanciano un appello a Regione e Governo: «Servono aiuti a fondo perduto», ha detto il presidente di Federalberghi VeneMarco Michielli. «In caso contrario, saranno molte le aziende a saltare e con queste i posti di lavoro. Vedevamo in settembre e ottobre una possibile ripresa del turismo straniero, il “grande assente”, ma l’aumento dei casi di coronavirus nei Paesi europei sta inchiodando il mercato. Il turismo interno ha compensato solo in parte, ma non è bastato. La ripresa per ora non si vede». A rimanere ancora una volta con il fiato sospeso sono le località di montagna: se appena prima dell’esplosione dei contagi avevano goduto di buona parte della scorsa stagione invernale, ora sperano nella crescita delle ancora poche, pochissime, prenotazioni a dicembre.
«I clienti che hanno fermato una stanza in albergo per Natale e Capodanno sono la metà rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso», chiarisce Roberta Alverà, presidentessa degli albergatori di Cortina. «Per questo siamo diventati molto più elastici: aspettiamo a prendere le caparre e le rimborsiamo fino a due settimane prima». Gli albergatori sono preparati alla trincea: «Entro novembre continua - gran parte delle strutture saranno chiuse. Capiremo nei prossimi venti giorni come si evolverà la situazione con la flessione o meno dei contagi: possiamo sperare in una stagione discreta. Noi lavoriamo per essere pronti per il ponte dell’immacolata. Tutti gli hotel tengono duro, ma nell’ipotesi di un nuovo lockdown durante le feste non abbiamo nessun asso nella manica».
In assetto da combattimento anche i quattrocento alberghi del Bellunese: «Abbiamo pochissime conferme per l’inverno - ammette il presidente di Federalberghi Belluno Walter De Cassan - ma siamo preoccupati specialmente per il mercato estero: i turisti tedeschi e dell’est Europa forse continueranno a mancare. Comunque non salveremo la stagione e il problema si riproporrà dopo il 6 gennaio». Intanto, i gestori degli impianti sciistici stanno approntando un protocollo sanitario da far approvare al ministero per garantire il massimo regime possibile senza rischi e assembramenti.
«Noi saremo pronti a partire - conclude De Cassan - ma ci vorrà almeno tutto il 2021 per recuperare con adeguate politiche di promozione. Se non dovesse esserci una ripresa non sappiamo cosa succederà: c’è il rischio di licenziamenti collettivi. Sarebbe gravissimo».