Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Alvise, Filippo e il cocktail sostenibile
Due barman, un locale, la lotta allo spreco Ora preparano estratti e succhi per gli altri
ABassano del Grappa ho conosciuto due ragazzi capaci di creare tanta ricchezza partendo da un limone. Non lo trasformano in oro, almeno non letteralmente, ma lo tramuta in tempo. Alvise Zonta e Filippo De Martino inaugurano ufficialmente il loro Zest mercoledì, fra due giorni: un opificio per terzi iper moderno, super tecnologico ma down to earth in fatto di sostenibilità. In Via Macello, affacciata sul Brenta, a pochi passi dal Ponte degli Alpini e dalla loro prima attività: Al Quèrto, un cocktail bar con piccola cucina nato appena un anno e mezzo fa.
Ma cosa c’entrano i limoni, il tempo e la sostenibilità con l’idea imprenditoriale di questi due giovani bassanesi (ma con tanta esperienza a Roma e Milano, lì dove i trend della miscelazione nascono e crescono)? Per spiegarlo partiamo dall’inizio: ovvero da dietro il bancone di Al Quèrto che potremmo definire piuttosto un «banco di prova in fatto di sostenibilità». Alvise mi racconta che «da quando Filippo ed io lavoriamo in proprio prendiamo molto seriamente la lotta allo spreco alimentare e la sostenibilità di tutto ciò che facciamo. Limone, arancia e altri agrumi sono molto usati nella preparazione dei cocktail e ci siamo subito inventati un modo per recuperare gli scarti producendo l’oleo saccharum, base dei punch.
Questo è solo un esempio del lavoro minuzioso, altamente specializzato e artigiano che ogni pull di bartender fa in previsione del servizio. Se in cucina si pelano patate, al cocktail bar si sbucciano e si spremono agrumi, ma non solo: si preparano succhi, puree, distillati, amari, estratti, spremute, sciroppi e persino cocktail ready to drink. «Ci vuole passione, certo, ma la variabile fondamentale resta il tempo il bene più prezioso» secondo Alvise e Filippo.
Proprio per regalare tempo di vita, di creatività e di qualità ad altre attività che gravitano attorno all’hospitality, nasce Zest. All’interno di questo negozio completamente restaurato, foderato di acciaio, illuminato da fasci di luce fluo e dotato di macchinari all’avanguardia Filippo, Alvise e un pugno di collaboratori fanno il «lavoro sporco» del dietro le quinte.
Spremono, distillano e imbottigliano con un chiodo fisso: la sostenibilità. Non solo ambientale ma intesa in un senso più olistico: recuperare uno stile di vita sano dove il tempo non sia una chimera ma una risorsa da vivere. Alvise mi dice che «tutti i nostri dipendenti hanno due giorni liberi a settimana». Un tempo da godere nel rispetto dell’ambiente e delle persone «che spesso non vengono ricompensate per il duro lavoro, è successo anche a noi durante la gavetta. Zest ha anche lo scopo di diminuire il turnover del personale: se le preparazioni sono affidate ad altri i tuoi dipendenti sono meno oberati, più felici e lavorano meglio».
Il livello qualitativo della produzione artigianale di Zest è molto alto, non solo per l’addio al multitasking, ma anche per le scelte sostenibili sulle quali Filippo e Alvise non cedono: sono fondanti. La frutta utilizzata è solo di stagione, preferibilmente italiana, le lattine che contengono il prodotto finito vengono riconsegnate, schiacciate e affidate di prima mano a una ditta per il riciclo. Il vetro è a rendere, viene sterilizzato e riutilizzato. Persino le etichette sono prodotte in plastica riciclata e resistono perfettamente al lavaggio ad alta temperatura.
Per la distillazione viene usato il Rotavapor, un evaporatore rotante di ultima generazione «che ci permette di recuperare gli scarti di lavorazione per confezionare ottimi drink analcolici». E ancora «dalla polpa avanzata dal processo di centrifuga abbiamo intenzione di creare marmellate e sciroppi».
Da Zest nessuno entra, escono solo le spedizioni destinate a tutta Italia e, molto presto, dall’apposita finestra che fa tanto biglietteria di cinema d’antan, i «ready to drink». Una vendita al dettaglio misurata, solo nel fine settimana e dalle 19 alle 22. Ci si accomoda al di là del vicolo, lungo il Brenta, sulle sdraio rivolte allo scorcio più bello di tutta Bassano.
Poi ritorno, riconsegna del vuoto e un saluto all’albero di limone piazzato lì, come fosse un’insegna, un monito gentile allo scopo ultimo di questo grande investimento di nome Zest: vivere bene, vivere meglio.