Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

«I figli con due mamme sono fratelli»

Due donne unite civilmente avviano una causa per riconoscer­e il legame

- Priante

Due veronesi, unite civilmente e con due figli, hanno avviato una causa in tribunale perché riconosca il legame di «fratellanz­a» che unisce i bambini. Ciascuna delle donne ha infatti dato alla luce un maschietto (il seme è di un donatore anonimo) e poi avviato la stepchild adoption. Per lo Stato, pur avendo le stesse mamme, i bimbi non sono neppure parenti. Le mamme chiedono quindi ai giudici di ufficializ­zare il fatto che sono fratelli.

«Ho due fratelli. Sono sempre stati la mia forza, il simbolo di un amore incondizio­nato. Mi piacerebbe che per i nostri figli fosse lo stesso, perché crescendo si facciano forza a vicenda nei momenti difficili». Elena ha 34 anni, è un’operaia veronese che dal 2010 è fidanzata con una ragazza di un’anno più giovane, pure lei veronese e pure lei di nome Elena, anche se tutti la chiamano «Né».

Si sono unite con rito civile il 3 febbraio del 2018 ma già nel gennaio del 2017 era nato il loro primo figlio. Elena è la madre biologica (il donatore del seme è rimasto anonimo) e Né l’ha legalmente adottato perché - recitava la sentenza - «il piccolo percepisce entrambe come delle figure materne». Fu la prima stepchild adoption della provincia di Verona.

Nel 2018 è toccato alla 33enne dare alla luce un altro maschietto e stavolta è stata la compagna ad avviare la causa di adozione. La sentenza del tribunale dei minori di Venezia è attesa in queste settimane ma il giudice è chiamato a spingersi ben oltre il riconoscim­ento di Elena come mamma del piccolo. La coppia, infatti, ha chiesto al magistrato di sancire anche il «vincolo di fratellanz­a» tra i loro due bambini. Al momento, infatti, per la Legge i piccoli - pur risultando avere gli stessi genitori non sono neppure parenti, tanto meno fratelli. Un vuoto normativo che, ancora una volta, saranno i giudici a dover colmare.

Si tratta di una delle prime cause di questo tipo in Italia. «Esiste un unico precedente: pochi mesi fa il tribunale di Bologna ha riconosciu­to la “fratellanz­a” nell’ambito di una vicenda molto simile» spiega Valentina Pizzol, la legale che con il collega Umberto Saracco assiste le due veronesi nella loro causa di fronte allo Stato.

Per la coppia non si tratta soltanto di una questione di principio. «Dopo la nascita del nostro primogenit­o - racconta Elena - fu necessario trasferirl­o per qualche giorno in terapia intensiva. Inizialmen­te a Nè fu vietato di vederlo perché non era la madre biologica e noi ancora non eravamo unite civilmente. Fu angosciant­e. Quel giorno ho giurato a me stessa che avrei fatto di tutto perché ci fossero assicurati gli stessi diritti di tutte le altre famiglie».

E in questi anni le due ragazze hanno tagliato molti traguardi che le hanno portate a formalizza­re sempre più il loro rapporto. Sia in tribunale - con il riconoscim­ento della stepchild adoption - che fuori dalle aule, con la loro unione celebrata in Comune. «Non è stato facile - racconta Né - e anche per questo mytivo abbiamo deciso di aprire il nuovo fronte legale: così i nostri bambini avranno una battaglia in meno

” Acquisiran­no gli stessi diritti e doveri dei figli delle coppie eterosessu­ali

” Ciascuno di loro, avrà per sempre due genitori e un fratello che lo ama

da combattere, quando saranno più grandi».

Mentre le due donne raccontano la loro storia, i figli sono all’asilo. «Lo sappiamo che non sarà la sentenza di un giudice a cambiare il loro rapporto», spiega Né. «Perché sono già due fratelli. Il più piccolo non va a dormire se il maggiore non gli dà un bacio; e l’altro è il primo a ricoprirlo di carezze e di attenzioni quando si fa male. Giocano, litigano. Dal punto di vista psicologic­o, la decisione del tribunale non può incidere su ciò che già sono».

Ma sotto il profilo giuridico, il legame di fratellanz­a ha un certo valore. «Acquisiran­no gli stessi diritti e doveri che, di fronte alla Legge, regolano i rapporti tra fratelli», spiega Pizzol. «Dall’obbligo di assistenza familiare all’ingresso nell’asse ereditario, solo per fare qualche esempio».

Ma quella che si sta discutendo nel tribunale per i minorenni di Venezia è soprattutt­o una causa simbolica, per vedere riconosciu­ta una volta di più la parità tra le famiglie «tradiziona­li» e quelle omosessual­i. «Se il giudice ci darà ragione conclude Né - si toglierà di mezzo un pretesto a chi, in futuro, volesse tentare di sostenere che i nostri figli sono diversi dagli altri solo perché hanno due mamme invece che una madre e un padre. Ciascuno di loro avrà due genitori che lo amano e un fratello che lo accompagne­rà nella vita».

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 ??  ?? Tutti insieme Elena e la sua compagna «Né» con, al centro, i loro due bambini: per lo Stato non sono «fratelli»
Tutti insieme Elena e la sua compagna «Né» con, al centro, i loro due bambini: per lo Stato non sono «fratelli»

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