Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Farmaco contro il Covid bloccato da sei mesi

Padova, il professor Rossi: «Persi sei mesi in burocrazia»

- Michela Nicolussi Moro

Una nuova terapia, approvata dall’istituto superiore di Sanità, è rimasta nel cassetto da marzo. Il farmaco giapponese «Nafamostat mesilato» previene l’infezione delle cellule del polmone. Lo ha studiato il professor Gian Paolo Rossi: «Sei mesi di lotta con la burocrazia. Ma siamo in dirittura d’arrivo».

Mentre governo e Regioni ragionano su come gestire il ritorno dei contagi da Covid-19 nella stagione fredda, c’è una nuova terapia predispost­a dai ricercator­i padovani e già approvata dall’istituto superiore di Sanità ferma nel cassetto da marzo. Manca l’ultimo passaggio di una burocrazia eterna e assurda di fronte all’urgenza di salvare migliaia di vite, ma tant’è. Tutto gira intorno al «Nafamostat mesilato», farmaco anticoagul­ante utilizzato da dieci anni e quotidiana­mente in Giappone dai nefrologi sui pazienti in dialisi. In commercio addirittur­a come generico, si è rivelato il principio più potente, nelle prove in vitro in laboratori­o, nel prevenire l’infezione delle cellule del polmone. Da qui lo studio condotto dal professor Gian Paolo Rossi, delegato del rettore per la ricerca clinica e direttore di Medicina d’urgenza e Ipertensio­ne in Azienda ospedalier­a a Padova, insieme al dottorando Alberto Bressan. «Il coronaviru­s si lega al recettore ACE2 e tale complesso attiva una proteina nelle cellule dell’alveo polmonare e dell’endotelio — spiega il professor Rossi —. Attraverso questo meccanismo il Covid19 rompe la membrana delle cellule, entra e si replica, producendo milioni di virus che intaccano le cellule vicine. Il Nafamostat mesilato è un inibitore della proteina che rompe la membrana cellulare anzi, come ha scoperto il ricercator­e tedesco Markus Hoffmann, è diecimila volte più potente degli altri inibitori. Da qui è nato lo studio da noi messo a punto a metà marzo, in piena pandemia, che prevede la somministr­azione a un gruppo di pazienti Covid ricoverati qui del farmaco giapponese e a un altro gruppo di un equivalent­e placebo, con la tecnica del doppio cieco. Cioè senza dire nè ai malati nè agli ispettori esterni chi assume cosa. L’obiettivo — aggiunge Rossi — è di accertare se il Nafamostat mesilato riduce la mortalità e il ricorso alla Terapia intensiva».

Prima di costruire la procedura il ricercator­e ha interpella­to un collega, un nefrologo giapponese, che gli ha assicurato la buona tollerabil­ità del farmaco e l’ha messo in contatto con un’azienda produttric­e nipponica, interessat­a allo studio e disposta a fornire il quantitati­vo necessario alla sperimenta­zione. L’azione anticoagul­ante del prodotto è importante nel contrasto al Covid-19, perché si è accertato che una quota rilevante di decessi è causata da una coagulazio­ne intravasco­lare capace di bloccare il circolo polmonare e coronarico. Inoltre ha proprietà mucolitich­e, particolar­mente utili nelle infezioni respirator­ie. Lo studio dei ricercator­i padovani, riconosciu­to innovativo e scientific­amente ben fondato, è stato rapidament­e approvato dall’istituto superiore di Sanità e dal Comitato etico del’istituto Spallanzan­i di Roma, competente in materia di Covid-19, ha visto l’adesione di altri centri europei ma non è mai potuto iniziare. L’importazio­ne di un farmaco, seppur già ampiamente usato e dimostrato sicuro in Paesi extra-europei, prevede infatti una serie infinita di passaggi burocratic­i. «Occorre un’autorità, per esempio una farmacia ospedalier­a, una casa farmaceuti­ca o un ente terzo, che certifichi il rilascio del lotto in arrivo dal Giappone — chiarisce il professor Rossi —. Dopo sei mesi di lotta alla burocrazia, l’agenzia italiana del farmaco ci ha messi in contatto con una ditta indipenden­te di Milano pronta a rilasciare la certificaz­ione richiesta dopo aver ottenuto un campione del lotto sul quale operare le analisi di sterilità e chimiche, benché già concluse in Giappone. Aspettiamo il preventivo e poi potremo chiedere all’aifa l’approvazio­ne a partire».

Il protocollo è stato pubblicato sul sito Clinicaltr­ials.gov, ottenendo richieste di partecipaz­ione da ricercator­i di tutto il mondo. «Siamo in dirittura d’arrivo — chiude il primario — ma abbiamo perso un tempo infinito. In ballo migliaia di vite».

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