Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Il racconto di Morgan: «Daverio l’ultimo dandy»
All’m9 di Mestre il cantautore nello show in cui ricorderà l’amico e critico d’arte. «Ci ha unito la passione per le cravatte-farfallino»
«Univa la serietà, l’impegno, la profondità con l’intrattenimento, riuscendo a essere brillante e leggero. Philippe Daverio è una figura della cultura italiana che si è distinta in ogni cosa abbia fatto».
Marco Castoldi, in arte Morgan, dopo l’annuncio della candidatura a sindaco di Milano sarà domani ospite del Festival delle Idee al M9 - Museo del ‘900 di Mestre. Il cantautore e personaggio televisivo, ricorderà, al pianoforte, il critico d’arte e amico Philippe Daverio nell’evento intitolato L’ultimo dandy (ore 21.45, info, programma dettagliato e prenotazioni su www.festivalidee.it).
Morgan, lo scorso anno incontrato Daverio proprio sul palco dell’m9. Che ricordi ha di quella serata?
«L’ho sempre stimato molto, ma da lontano e l’ho conosciuto proprio a Mestre l’anno scorso. È stato un incontro molto intenso. Una sorpresa. Ero sul palco e lui è comparso accanto a me, non previsto, con uno spirito assolutamente perfetto. Il contrario di Bugo. Quando stai sul palco devi sentire il tuo partner. Ho avuto subito l’impressione che fosse perfettamente a suo agio, inserendosi in modo pertinente ed elegante subito. È stato un colpo di fulmine. Ho adorato la sua epifania su quel palco. Da lì ci siamo incontrati altre volte».
Che cosa le mancherà più di Daverio?
«A volte raccontava delle barzellette strepitose. Da vero affabulatore era capace di trasformare anche una barzelletta in un racconto avvincente, abbiamo parlato, siamo stati a cena insieme, ci siamo confidati… e soprattutto ci siamo scambiati i farfallini».
Vi univa anche la passione per le cravatte-farfallino.
«Innanzi tutto Daverio la chiamava, correttamente, cravatta, e non come me che la chiamo papillon. Io e lui la sapevamo annodare, una cosa che in Italia sanno fare in pochissimi. Il farfallino da annodare è l’anti moda, tutto quello che non è trend. Questo fa di Daverio l’esempio di che cosa significa essere un ricercatore. Lo scambio delle cravatte è quanto di più relazionale possa esistere, significa essere fratelli, solidali, capirsi. Fu vera condivisione».
Lo spettacolo ha voluto in
titolarlo «L’ultimo dandy». Come mai?
«È l’atteggiamento di un dandy nascondere dietro a un cravattino la riflessione sulla manomissione delle parole, iniziando dal fatto che quest’oggetto si chiama cravatta. Un dandy è un uomo di cultura che ha un senso dell’estetica e che divulga. Il concetto greco del kalokagathìa, il bello e buono. Il dandy non è un narciso, non è vanesio, perché sotto la ricerca dell’estetica ha l’arte, la poesia, la profondità e la ricerca, non il vuoto».
Il Festival delle Idee ha come titolo «Idee per la rinascita», quali sono le sue?
«Il festival delle Idee è un nome bellissimo, perché l’idea è forse ciò che di più aderente all’essenza di un essere umano evoluto. Le idee sono l’autocoscienza, da loro scatta il senso dell’esistenza intera, la rappresentazione: l’idea è la base dell’arte. L’italia in questo momento ha bisogno di lavorare sulle idee perché non le ha. Non l’italiano, l’individuo, che ha molte idee, ma il sistema Italia, ora un po’ deprimente. Ecco perché ci vuole un festival delle idee, sono il centro della vita».