Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Arriva il Giro e il Veneto si distrae
Nel giorno del trionfo di Ulissi, le strade si riempiono di tifosi mascherati. Si rivedono anche gli stranieri
Grande festa tra le strade che si arrampicano sui Colli Euganei, per un giorno migliaia di appassionati hanno dimenticato la mascherina che portavano sul volto e si sono fatti travolgere dalla passione per il Giro. Oggi bis con la crono del Prosecco.
Il Coronavirus, con la sua subdola pretesa di insinuarsi in ogni angolo della quotidianità, non è riuscito a rovinare la Cervia-monselice, tredicesima tappa del Giro d’italia, che ieri è regolarmente arrivata nella città murata attraversando un Veneto che non ha rinunciato alla sua passione.
L’altro grosso spettro nell’edizione delle foglie morte era il maltempo beffardo di questo ottobre che ricorda gli autunni piovosi di qualche anno fa: il meteo ha graziato gli organizzatori con una giornata assolata sin dal mattino e le temperature miti che hanno richiamato sulle strade migliaia di tifosi come solo questa regione sa dare. Sotto la Rocca medievale che ha vegliato dall’alto sul circuito finale di 50 chilometri tra i saliscendi dei Colli Euganei ha piazzato la zampata Diego Ulissi, al termine di una tappa tutt’altro che scontata con i big della classifica che non si sono risparmiati in vista della cronometro del Prosecco di oggi da Conegliano a Valdobbiadene.
La maglia rosa vestita dal portoghese Joao Almeida ha tentato il colpo di mano ma si è dovuta accontentare del secondo posto. Niente traguardo per ruote veloci con la delusione del tre volte campione del mondo, lo slovacco Peter Sagan, che aveva messo nel mirino la frazione, e dell’alter-ego per la corsa alla maglia ciclamino della classifica a punti, il francese Arnaud Demare, in difficoltà sulle rampe finali. Per una giornata Monselice, la salita del Roccolo e quella di Calaone così come Rovigo, che dopo le 14 ha visto sfilare la carovana sul traguardo volante, sono sembrate un’isola felice lontana dalle preoccupazioni del Covid, immerse in un bagno di folla protetto da transenne, mascherine e gel igienizzanti.
La tristezza per la situazione globale ha lasciato spazio a uno sport che è storia della nazione, col distanziamento sociale per qualche ora dimenticato nonostante a rammentarlo ci fossero le barriere che hanno blindato i corridori, inavvicinabili dopo il traguardo e confinati nella loro «bolla» di sicurezza. L’aria di grande evento ha cancellato in un solo colpo anche le polemiche di chi (e non erano pochi) nei giorni scorsi mugugnava per le strade off-limits e i disagi delle scuole chiuse. «E’ stata la nostra festa, una vetrina perfetta e un riconoscimento a chi, dopo la cancellazione di maggio, ha creduto in questo evento in una situazione paradossale» - ha sottolineato il sindaco Giorgia Bedin. Monselice già di prima mattina si è svegliata nella frenesia di camion, striscioni, transenne e dei tifosi che alla spicciolata arrivavano sul percorso. Il disagio di dover bere l’immancabile bicchiere di vino con la mascherina sotto al labbro è stato mitigato dalla portata dell’evento in mondovisione: «Seguo il ciclismo da quando sono bambino- racconta Tommaso, 36 anni e in prima fila già dalle 12 - per me è un sogno che si realizza. Sono nato a Monselice e il primo traguardo del Giro nella mia città resterà nella storia. I malumori? Quattro ore di disagi si dimenticano, il prestigio rimane». Tra scuole di ciclismo 1 2 3 4 con bambini sovraeccitati, tamburini della Giostra della Rocca (quest’anno rimandata) che possono vestire le monture storiche, cartelli di incitamento sulle asperità dei Colli, l’annullamento della stragrande maggioranza degli eventi collaterali non ha scoraggiato il pubblico accorso numerosissimo. Si è sentita la mancanza degli stranieri anche se qualcuno timidamente si poteva riconoscere grazie alla bandiera sventolata con orgoglio. «Siamo dell’ecuadorracconta Jose - viviamo nella Bassa Padovana e con la famiglia siamo qua per tifare. Con il Covid non siamo più tornati nel nostro paese ma almeno possiamo incitare i nostri atleti». Ci sono anche sparuti gruppi di slovacchi: («Siamo qua per Sagan, il nostro orgoglio nazionale»), di francesi («Studiamo a Padova, tifiamo Demare») e di spagnoli («La Vuelta forse non si correrà per le restrizioni, almeno ci godiamo il Giro»). C’è anche un solitario negazionista che grida «No Vax, il Covid è un’invenzione», ma nessuno gli ha dato retta. Non era il giorno giusto per parlare di virus.