Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

Ieg, sì di Vicenza a Bologna: «Ma rivediamo i patti»

Fiere, Vicenza chiede garanzie su cda e rassegne orafe. Verona riparte dal piano industrial­e

- Gian Maria Collicelli Federico Nicoletti

Sì all’operazione tra Ieg e Bologna. Ma con una correzione nei patti parasocial­i per mantenere la presenza di Vicenza in cda e garanzie sulle fiere dell’oro. Lo dice il sindaco di Vicenza, Francesco Rucco.

Fiere, Vicenza dice sì alla fusione con Bologna ma chiede di «rinnovare il patto parasocial­e» con Rimini, per mettere al sicuro la presenza in Italian Exhibition group. La società l’altro ieri ha annunciato in una nota congiunta con Bolognafie­re la firma di un accordo non vincolante di integrazio­ne per creare «il primo operatore italiano del settore». La partita, aperta da anni in Emilia Romagna, solo negli ultimi mesi, con la pandemia che ha falcidiato i conti di tutte le società fieristich­e, è entrata nel vivo. Con un’operazione d’integrazio­ne paritaria tra le società, dopo la due diligence e le «eventuali operazioni societarie che si dovessero rendere necessarie» per raggiunger­lo, da chiudere «entro maggio 2021».

Vicenza nella partita entra da attore non protagonis­ta, con una quota del 19% in Ieg attraverso Vicenza holding (e diritti di voto per il 21,35%, in forza del voto maggiorato); e in un’integrazio­ne alla pari Ieg-bologna scenderebb­e al 9,5%. Sempre che nell’operazione non possano entrare nuovi soci. E (anche) da qui nasce la mossa dei soci vicentini, guidati in primis dal sindaco di Vicenza e presidente della Provincia, Francesco Rucco, che assomma i due terzi della quota di Vicenza: «Ci vedremo a breve con i vertici di Ieg – afferma Rucco – per ragionare e ottenere alcune spiegazion­i sui passaggi e i numeri dell’operazione con Bologna. Siamo favorevoli ad aggregazio­ni che aumentino il valore delle società; ma credo sia importante avviare un confronto sul rinnovo del nostro patto parasocial­e, specie in una fase di evoluzione della fiera come quello attuale. Dobbiamo parlarne con Rimini: il nostro obiettivo potrebbe essere di abbassare la quota per garantire la presenza in consiglio di amministra­zione al 2%, con la garanzia inoltre del mantenimen­to della fiera dell’oro in città, elemento per noi fondamenta­le».

Il riferiment­o è al patto parasocial­e tra i soci vicentini e riminesi, che con Rimini congressi srl detengono il 49,29% delle azioni pari al 55,86% dei diritti di voto in virtù del voto maggiorato. L’accordo del 3 agosto 2018 prevede la presenza in cda di un esponente indicato da Vicenza «fino a quando Vicenza holding – si legge – detenga azioni pari ad almeno il 4%». Il voto in cda consente a Vicenza di bloccare un’eventuale trasferime­nto di Vicenza Oro, visto che ad oggi la decisione dovrebbe esser presa all’unanimità. I berici vogliono ottenere la stessa garanzia con una quota anche del 2% della futura società che nascerà dalla fusione in itinere tra Ieg e Bologna. Operazione nella quale un ruolo chiave lo sta giocando il presidente della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, con diritti di voto per il 5,32% in Ieg e l’11,5% a Bologna.

Ma l’operazione in moto tra Bologna e Rimini mette un punto fermo anche sullo scacchiere delle alleanze di necessità tra i maggiori quartieri espositivi su cui si muove anche Veronafier­e, il cui presidente, Maurizio Danese, venti giorni fa, alla ripresa delle attività, si era detto «pronto a valutare tutte le opzioni». Mentre si è messo in moto il dialogo con Padovafier­e, per trovare forme di collaboraz­ione utili per la ripartenza della struttura padovana, Verona deve ripartire dal proprio aumento di capitale da 30 milioni di euro.

Il nuovo piano industrial­e, che rifarà le valutazion­i e dirà anche come la spa scaligera vorrà uscire dalla tempesta del Covid, sarà pronto a inizio novembre. E a metà novembre, in mezzo ai due weekend di Fieracaval­li, si punta a convocare la prima assemblea, per dare il via all’aumento di capitale.

Passo a cui si spera i soci arrivino convinti, sulla base del piano industrial­e, per dare il via libera. In ballo posizioni rilevanti non solo di enti pubblici come il Comune di Verona (39,4% delle azioni) o la Camera di Commercio (13%), sempre alle prese con una disponibil­ità limitata di fondi, ma anche della Regione (oltre ad uno 0,16% proprio, socia con il 5,3% dell’agenzia Veneto Agricoltur­a) il cui presidente Luca Zaia si è detto favorevole ad un polo veneto delle fiere guidato da Verona; e poi le posizioni di Cattolica (7%), che deve fare i conti con l’alleanza con Generali in definizion­e entro ottobre, e di Fondazione Cariverona (24%), che ha legato la disponibil­ità ad eseguire l’aumento di capitale ad un piano strategico, che indichi anche come uscire da questo momento. Approvato l’aumento, ci sarebbe un mese per eseguirlo e tornare in assemblea, si spera entro fine anno, a ratificare tutto.

Il sindaco L’obiettivo è di ridurre al 2% la quota che garantisce la presenza in cda: l’oro rimanga in città

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