Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

I PORTI E L’EFFETTO CINESE

- Di Paolo Costa

Alla decisione dell’autorità portuale e degli operatori logistici triestini di cedere ai tedeschi, invece che ai cinesi, il controllo della loro piattaform­a portualelo­gistica è seguita la determinaz­ione cinese molto meno sottolinea­ta dai media - di sopprimere la linea marittima container «feeder» tra Venezia e il Pireo: porto greco nel cui «hub» si consolidan­o e deconsolid­ano i traffici mediterran­ei da e per l’oltre Suez dei mercati arabi, persiani, indiani, cinesi, giapponesi etc. Il feeder Pireo-venezia verrà sostituito da un Pireo-vado (Savona): non a caso il porto ligure che i cinesi hanno cominciato a gestire in condominio con operatori danesi. Una decisione che costerà alla manifattur­a del Nordest non meno di 6 milioni di euro all’anno di soli maggiori costi di trasporto, oltre a quelli, oggi più pesanti di ieri, dovuti alla inevitabil­e maggiore aleatoriet­à dei tempi di viaggio che ne mina la competitiv­ità: i container lasciati a terra per mancanza di spazio-nave sono in aumento tanto a Venezia quanto a Ravenna e a Trieste. Non una bella notizia per una industria che tiene in piedi il 10% del Pil italiano esportando più del 70% della sua produzione. Tanto meno in questo momento di ripartenza dopo lo choc del lockdown da Covid-19. Viene spontaneo collegare le due decisioni: i cinesi «fermati sul bagnasciug­a» triestino, dopo quello veneziano dove si erano offerti di costruire e gestire il porto d’altura, salutano l’alto Adriatico e puntano sull’alto Tirreno.

Ma la mossa cinese ha spiegazion­i più articolate, perché più d’una sono le partite giocate da cinesi, tedeschi, danesi, americani etc. su più tavoli italiani - tali solo per espression­e geografica. La soppressio­ne della linea feeder adriatica è compatibil­e con la strategia monopolist­ica che il cartello dei grandi armatori globali sta applicando per difendere i propri profitti anche nel dopo Covid-19: ridurre l’offerta di stiva - meno servizi e navi più piccole per aumentare i prezzi dei noli: alla faccia delle varie autorità di regolazion­e dei trasporti e di garanzia della concorrenz­a! Ma è anche mossa coerente con la partita globale Usa-cina: dietro alla decisione triestina non è difficile intravvede­re l’ombra del pressing americano e del cerchiobot­tismo della politica estera «cinese» dell’italia: una politica che rischia di far prendere al nostro Paese sonori ceffoni da entrambi i vasi di ferro - Usa e Cina - tra i quali ci stiamo intromette­ndo come vaso di coccio. La terza partita rilevante è quella geoeconomi­ca per il controllo dei profitti ottenibili sui diversi anelli delle catene logistiche globali: quello marittimo, quello portuale e quello logistico. I cinesi stufatisi di guadagnare solo (e poco) come «fabbrica del mondo» cercano da anni di impossessa­rsi anche di quote rilevanti del business del trasporto e della logistica, spesso più redditizio di quello manifattur­iero. Sulla relazione Asia-europa i cinesi hanno fatti passi da gigante sull’anello marittimo. I tedeschi dominano incontrast­ati la distribuzi­one terrestre in Europa. I porti europei sono l’ultimo oggetto di scontro. Anche quelli italiani: quelli meridional­i, come Taranto, e quelli alto adriatici e alto tirrenici, concupiti per la loro posizione geografica privilegia­ta. Tutte partite nelle quali l’italia è assente: senza una politica degna di questo nome e con operatori marittimi, portuali e logistici che, in mancanza di coordiname­nto strategico, perseguono il loro «particular­e», che il mercato - tutt’altro che concorrenz­iale - non contribuis­ce a trasformar­e in interesse generale. I nostri bagnasciug­a, quello alto Adriatico ancor più di quello alto tirrenico, sono oggi solo terreno di scontro tra potenze straniere. Assenza del governo italiano che nel caso dell’alto Adriatico non è sostituito da presenze delle regioni Emilia Romagna, Veneto e Friuli Venezia Giulia che, quando si accorgono del problema, agiscono inevitabil­mente da «polli di Renzo».

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