Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
I PORTI E L’EFFETTO CINESE
Alla decisione dell’autorità portuale e degli operatori logistici triestini di cedere ai tedeschi, invece che ai cinesi, il controllo della loro piattaforma portualelogistica è seguita la determinazione cinese molto meno sottolineata dai media - di sopprimere la linea marittima container «feeder» tra Venezia e il Pireo: porto greco nel cui «hub» si consolidano e deconsolidano i traffici mediterranei da e per l’oltre Suez dei mercati arabi, persiani, indiani, cinesi, giapponesi etc. Il feeder Pireo-venezia verrà sostituito da un Pireo-vado (Savona): non a caso il porto ligure che i cinesi hanno cominciato a gestire in condominio con operatori danesi. Una decisione che costerà alla manifattura del Nordest non meno di 6 milioni di euro all’anno di soli maggiori costi di trasporto, oltre a quelli, oggi più pesanti di ieri, dovuti alla inevitabile maggiore aleatorietà dei tempi di viaggio che ne mina la competitività: i container lasciati a terra per mancanza di spazio-nave sono in aumento tanto a Venezia quanto a Ravenna e a Trieste. Non una bella notizia per una industria che tiene in piedi il 10% del Pil italiano esportando più del 70% della sua produzione. Tanto meno in questo momento di ripartenza dopo lo choc del lockdown da Covid-19. Viene spontaneo collegare le due decisioni: i cinesi «fermati sul bagnasciuga» triestino, dopo quello veneziano dove si erano offerti di costruire e gestire il porto d’altura, salutano l’alto Adriatico e puntano sull’alto Tirreno.
Ma la mossa cinese ha spiegazioni più articolate, perché più d’una sono le partite giocate da cinesi, tedeschi, danesi, americani etc. su più tavoli italiani - tali solo per espressione geografica. La soppressione della linea feeder adriatica è compatibile con la strategia monopolistica che il cartello dei grandi armatori globali sta applicando per difendere i propri profitti anche nel dopo Covid-19: ridurre l’offerta di stiva - meno servizi e navi più piccole per aumentare i prezzi dei noli: alla faccia delle varie autorità di regolazione dei trasporti e di garanzia della concorrenza! Ma è anche mossa coerente con la partita globale Usa-cina: dietro alla decisione triestina non è difficile intravvedere l’ombra del pressing americano e del cerchiobottismo della politica estera «cinese» dell’italia: una politica che rischia di far prendere al nostro Paese sonori ceffoni da entrambi i vasi di ferro - Usa e Cina - tra i quali ci stiamo intromettendo come vaso di coccio. La terza partita rilevante è quella geoeconomica per il controllo dei profitti ottenibili sui diversi anelli delle catene logistiche globali: quello marittimo, quello portuale e quello logistico. I cinesi stufatisi di guadagnare solo (e poco) come «fabbrica del mondo» cercano da anni di impossessarsi anche di quote rilevanti del business del trasporto e della logistica, spesso più redditizio di quello manifatturiero. Sulla relazione Asia-europa i cinesi hanno fatti passi da gigante sull’anello marittimo. I tedeschi dominano incontrastati la distribuzione terrestre in Europa. I porti europei sono l’ultimo oggetto di scontro. Anche quelli italiani: quelli meridionali, come Taranto, e quelli alto adriatici e alto tirrenici, concupiti per la loro posizione geografica privilegiata. Tutte partite nelle quali l’italia è assente: senza una politica degna di questo nome e con operatori marittimi, portuali e logistici che, in mancanza di coordinamento strategico, perseguono il loro «particulare», che il mercato - tutt’altro che concorrenziale - non contribuisce a trasformare in interesse generale. I nostri bagnasciuga, quello alto Adriatico ancor più di quello alto tirrenico, sono oggi solo terreno di scontro tra potenze straniere. Assenza del governo italiano che nel caso dell’alto Adriatico non è sostituito da presenze delle regioni Emilia Romagna, Veneto e Friuli Venezia Giulia che, quando si accorgono del problema, agiscono inevitabilmente da «polli di Renzo».