Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
Banca del Plasma, richieste anche dalle altre regioni
Boom di contagi: 906 in 24 ore. Nuovi ricoveri
Lavora a pieno regime la Banca del plasma attivata dalla Regione in Azienda ospedaliera a Padova per raccogliere le sacche dai pazienti guariti dal Covid-19 e ricche di anticorpi da trasfondere ai nuovi malati. I 600 donatori reclutati da febbraio a marzo hanno fruttato 1800 dosi terapeutiche, 700 delle quali già trasfuse. Arrivano richieste anche dalle altre regioni, bisogna trovare altri donatori. Ieri intanto boom di contagi: 906. Crescono pure i ricoveri.
Funziona a pieno regime la Banca del plasma creata dalla Regione Veneto, prima in Italia, in Azienda ospedaliera a Padova. Delle 1800 unità terapeutiche da 200 millilitri l’una donate tra febbraio e maggio da 600 ex ricoverati per Covid-19, molti dei quali operatori sanitari contagiati durante il lavoro in reparto, ne sono già state trasfuse 700. La plasmaterapia consiste nel trasferire anticorpi di pazienti guariti in altri soggetti infetti e non rispondenti alle cure farmacologiche, in modo da potenziarne e anticiparne la risposta del sistema immunitario. Vista la grande richiesta da parte dei clinici, la Regione dovrà autorizzare la ripresa della raccolta del plasma dai nuovi guariti.
«Bisogna ricominciare ad accumulare sacche, perché tutti i giorni arrivano richieste dai reparti di Malattie infettive, anche di altre regioni — conferma il dottor Giovanni Roveroni, direttore del Coordinamento regionale per le attività trasfusionali (Crat) —. Abbiamo già rifornito ospedali di Toscana, Friuli Venezia Giulia e Basilicata. La nostra Banca del plasma è l’unica ad aver soddisfatto tutti i requisiti raccolti nel protocollo nazionale in via di applicazione e alla redazione del quale il Veneto ha partecipato». Tra le condizioni da osservare c’è il test di «neutralizzazione» del virus, messo a punto dal professor Andrea Crisanti, direttore della Microbiologia di Padova, ed effettuato solo negli ospedali di Padova e Pavia e all’istituto Spallanzani di Roma, riferimento nazionale per l’emergenza. Si tratta di una procedura in grado di appurare l’esistenza o meno di anticorpi nella sacca donata e, in caso positivo, il numero e la capacità degli stessi di inibire la crescita virale.
«Va utilizzato un titolo anticorpale di valore almeno 160 perché la terapia sia efficace — illustra il dottor Roveroni —. Ma rispetto all’inizio della pandemia oggi ci sono meno potenziali donatori, perché la maggioranza dei contagiati è asintomatica, quindi con pochi anticorpi. Dobbiamo puntare sui degenti guariti e nel frattempo non sprecare il plasma raccolto, ma studiare bene su che tipo di malato trasfonderlo, quanto darne e a quale stadio dell’infezione. Solo così capiremo se e quanto la plasmaterapia sia realmente efficace. A marzo vi si è ricorsi in via emergenziale — aggiunge il medico — quindi è stata somministrata a ogni livello della patologia, quando non c’erano alternative per salvare la vita al paziente. Adesso l’indicazione che sarà standardizzata nel protocollo nazionale è di utilizzarla all’inizio della polmonite, quando il quadro clinico non è ancora grave, per evitare che lo diventi. Non possiamo sottoporre a plasmaterapia tutti i degenti Covid, indistintamente». Finora nei malati che l’hanno assunta si sono notati miglioramenti.
Le sacche rimaste hanno titoli anticorpali diversi e i primi 600 donatori non possono più essere richiamati, perché dopo qualche mese gli anticorpi capaci di contrastare il Covid-19 diminuiscono (processo evitato al plasma già raccolto perché è stato congelato e quindi manterrà inalterata per 24 mesi la quantità di anticorpi contenuti). Ecco l’esigenza di reclutarne velocemente altri e questo potrebbe essere il momento giusto, visto l’aumento dei ricoveri.
C’è poi una seconda esigenza: comincia a mancare anche il sangue per le trasfusioni «comuni». «Siamo in carenza — ammette Roveroni — con la pandemia sono calate molto le donazioni, di solito si tratta di 250mila unità di sangue all’anno. Adesso siamo quasi a pari con il consumo, ogni settimana ci avanzano appena 200 sacche e il risultato è che Venezia, come le Aziende ospedaliere di Padova e Verona, è diventata una grande consumatrice ma non ha un rientro adeguato. Non abbiamo più quasi scorte, la riserva sta scendendo, abbiamo bisogno di donatori».
Per di più ieri il Veneto ha raggiunto il record di contagi dallo scorso aprile: 906, che portano il computo totale a 35.457. Le vittime salgono a 2250, tre in più rispetto alle 24 ore precedenti, e i ricoveri continuano crescere, toccando quota 443 (+23) in Malattie infettive e Pneumologia e 52 (+3) in Terapia intensiva. Le persone in isolamento sono 14.251 (+378), delle quali 5042 positive al Covid-19 (le altre sono contatti stretti) e 1896 sintomatiche. Tra i nuovi cluster i 18 contagi tra i cantanti del coro parrocchiale di Barbisano e i 13 casi scoperti all’istituto comprensivo Don Bosco di Padova dopo i 200 test su studenti e personale. Tre decessi a Villa Salus a Mestre, mentre la società di calcio Ponte Crepaldo Eraclea ha comunicato che un giocatore della prima squadra (Promozione) è risultato positivo al Covid-19, quindi compagni di squadra, dirigenti e tecnici sono stati sottoposti a tampone. Rinviate a data da destinarsi la partita con il Caorle La Salute in programma oggi e la gara Ponte Crepaldo Eracleazero Branco della categoria Juniores prevista ieri.