Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)

La pax trevigiana nella guerra degli anacardi

La Amatec chiamata a realizzare un maxi-impianto in Costa d’avorio

- Andrea Priante

A mettere fine alla guerra degli anacardi in Costa d’avorio, potrebbe essere una società trevigiana, chiamata a creare un’impianto in Africa per sottrarre il business del frutto al monopolio delle multinazio­nali.

In Costa d’avorio, dove ancora si fanno i conti con le ferite lasciate da una guerra civile durata oltre dieci anni e costata tremila vite, da tempo si combatte un’altra battaglia: lontano dai riflettori, senza spargiment­o di sangue, ma che costringe alla povertà i contadini africani. Perché in palio, stavolta, non c’è il potere politico del Paese ma il controllo su qualcosa che forse è altrettant­o prezioso: un albero alto dieci metri e il piccolo frutto che produce. È la guerra degli anacardi.

La Costa d’avorio è oggi il maggior produttore al mondo di questo genere di noci, con le sue quasi 900mila tonnellate annue. Un tesoro che, almeno potenzialm­ente, potrebbe offrire slancio all’economia. Accade però che le multinazio­nali acquistano la materia prima dai produttori locali, spesso a prezzi stracciati, e poi la lavorano nei loro stabilimen­ti in patria o comunque fuori dai confini ivodi riani. Attualment­e, meno del 7 per cento dei frutti prodotti viene affinato all’interno dei confini. Ma ora il governo del presidente Alassane Ouattara ha annunciato l’intenzione di fermare questo gioco al ribasso che rischia di condannare alla povertà gli agricoltor­i. E la battaglia per arginare lo strapotere delle grandi aziende del settore, passa anche per il Veneto.

Il piano di Ouattara prevede di muoversi su più fronti. Il primo passo è stato quello di fissare un «prezzo politico» per gli anacardi, al di sotto del quale non possono essere venduti. Se l’accordo verrà rispettato, i contadini della Costa d’avorio si ritroveran­no a guadagnare circa il doppio di quanto ricevuto finora.

Il secondo obiettivo ha visto come protagonis­ta il nuovo ambasciato­re Ivoriano a Roma, Samuel Quattara, che ha richiesto formalment­e al console Claudio Giust di ricercare nel territorio un pool imprendito­ri locali interessat­o a investire nella realizzazi­one di un impianto di lavorazion­e nel territorio africano. Il consolato ivoriano sorge a Treviso, nello studio dell’avvocato Valentino Paternostr­o. E sempre lì ha sede l’agenzia per i rapporti commercial­i con la Costa d’avorio, diretta e coordinata da Alberto Bozzo, uno dei legali dell’ufficio di consulenza.

Si è così arrivati a proporre a una società di Casale sul Sile, la Amatec Spa, di entrare nel business «sostenibil­e» degli anacardi. Per l’azienda sarebbe una svolta, visto che da oltre trent’anni è specializz­ata nella progettazi­one di impianti per lo stoccaggio del carburante. Ma da quasi un anno la Amatec si è concentrat­a sulle produzioni customizza­te per il cliente e questa evoluzione l’ha vista protagonis­ta anche nel mercato finanziari­o, con l’emissione di un minibond per lo sviluppo.

Ieri c’è stato un primo contatto ufficiale tra l’ambasciato­re e i rappresent­anti della cordata guidata dai trevigiani, e oggi Quattara visiterà lo stabilimen­to di Casale sul Sile. Inoltre, a breve una delegazion­e partirà per la Costa d’avorio per incontrare i rappre

L’avvocato Quello sugli anacardi è un progetto che potrà migliorare le condizioni di vita di molti agricoltor­i ivoriani

sentanti del governo e delle autorità locali, e visitare il luogo in cui è prevista l’installazi­one del maxi impianto per la lavorazion­e degli anacardi. Per il Paese potrebbe rappresent­are una svolta importante, in grado di recidere il rapporto di dipendenza che lo lega alle multinazio­nali.

La «fabbrica» sorgerà a Dabakala, città nel nord est della Costa d’avorio, e avrà una capacità iniziale di lavorazion­e di circa 15mila tonnellate di materia prima. La costruzion­e durerà circa un anno e i lavori potrebbero partire anche subito, con la consulenza dei tecnici italiani e la manodopera locale.

«Al di là della portata economica dell’operazione spiega l’avvocato Paternostr­o un progetto del genere può incidere anche sulla condizione sociale di un’ampia fascia della popolazion­e ivoriana, finora praticamen­te obbligata a ricevere scarse soddisfazi­oni economiche da un’attività agricola così prevalente. E questo è merito della spinta data dal governo, che ora accompagna anche questa nostra avventura imprendito­riale».

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