Corriere del Veneto (Padova e Rovigo)
La pax trevigiana nella guerra degli anacardi
La Amatec chiamata a realizzare un maxi-impianto in Costa d’avorio
A mettere fine alla guerra degli anacardi in Costa d’avorio, potrebbe essere una società trevigiana, chiamata a creare un’impianto in Africa per sottrarre il business del frutto al monopolio delle multinazionali.
In Costa d’avorio, dove ancora si fanno i conti con le ferite lasciate da una guerra civile durata oltre dieci anni e costata tremila vite, da tempo si combatte un’altra battaglia: lontano dai riflettori, senza spargimento di sangue, ma che costringe alla povertà i contadini africani. Perché in palio, stavolta, non c’è il potere politico del Paese ma il controllo su qualcosa che forse è altrettanto prezioso: un albero alto dieci metri e il piccolo frutto che produce. È la guerra degli anacardi.
La Costa d’avorio è oggi il maggior produttore al mondo di questo genere di noci, con le sue quasi 900mila tonnellate annue. Un tesoro che, almeno potenzialmente, potrebbe offrire slancio all’economia. Accade però che le multinazionali acquistano la materia prima dai produttori locali, spesso a prezzi stracciati, e poi la lavorano nei loro stabilimenti in patria o comunque fuori dai confini ivodi riani. Attualmente, meno del 7 per cento dei frutti prodotti viene affinato all’interno dei confini. Ma ora il governo del presidente Alassane Ouattara ha annunciato l’intenzione di fermare questo gioco al ribasso che rischia di condannare alla povertà gli agricoltori. E la battaglia per arginare lo strapotere delle grandi aziende del settore, passa anche per il Veneto.
Il piano di Ouattara prevede di muoversi su più fronti. Il primo passo è stato quello di fissare un «prezzo politico» per gli anacardi, al di sotto del quale non possono essere venduti. Se l’accordo verrà rispettato, i contadini della Costa d’avorio si ritroveranno a guadagnare circa il doppio di quanto ricevuto finora.
Il secondo obiettivo ha visto come protagonista il nuovo ambasciatore Ivoriano a Roma, Samuel Quattara, che ha richiesto formalmente al console Claudio Giust di ricercare nel territorio un pool imprenditori locali interessato a investire nella realizzazione di un impianto di lavorazione nel territorio africano. Il consolato ivoriano sorge a Treviso, nello studio dell’avvocato Valentino Paternostro. E sempre lì ha sede l’agenzia per i rapporti commerciali con la Costa d’avorio, diretta e coordinata da Alberto Bozzo, uno dei legali dell’ufficio di consulenza.
Si è così arrivati a proporre a una società di Casale sul Sile, la Amatec Spa, di entrare nel business «sostenibile» degli anacardi. Per l’azienda sarebbe una svolta, visto che da oltre trent’anni è specializzata nella progettazione di impianti per lo stoccaggio del carburante. Ma da quasi un anno la Amatec si è concentrata sulle produzioni customizzate per il cliente e questa evoluzione l’ha vista protagonista anche nel mercato finanziario, con l’emissione di un minibond per lo sviluppo.
Ieri c’è stato un primo contatto ufficiale tra l’ambasciatore e i rappresentanti della cordata guidata dai trevigiani, e oggi Quattara visiterà lo stabilimento di Casale sul Sile. Inoltre, a breve una delegazione partirà per la Costa d’avorio per incontrare i rappre
”
L’avvocato Quello sugli anacardi è un progetto che potrà migliorare le condizioni di vita di molti agricoltori ivoriani
sentanti del governo e delle autorità locali, e visitare il luogo in cui è prevista l’installazione del maxi impianto per la lavorazione degli anacardi. Per il Paese potrebbe rappresentare una svolta importante, in grado di recidere il rapporto di dipendenza che lo lega alle multinazionali.
La «fabbrica» sorgerà a Dabakala, città nel nord est della Costa d’avorio, e avrà una capacità iniziale di lavorazione di circa 15mila tonnellate di materia prima. La costruzione durerà circa un anno e i lavori potrebbero partire anche subito, con la consulenza dei tecnici italiani e la manodopera locale.
«Al di là della portata economica dell’operazione spiega l’avvocato Paternostro un progetto del genere può incidere anche sulla condizione sociale di un’ampia fascia della popolazione ivoriana, finora praticamente obbligata a ricevere scarse soddisfazioni economiche da un’attività agricola così prevalente. E questo è merito della spinta data dal governo, che ora accompagna anche questa nostra avventura imprenditoriale».